Sanzioni proporzionate alla gravità della violazione
Con il decreto n. 90 del 25 maggio 2017 è stata recepita la Direttiva UE 2015/849 (IV Direttiva antiriciclaggio) con una importante rivisitazione della normativa antiriciclaggio in particolare sul sistema sanzionatorio.
Negli ultimi anni il rischio di utilizzo del sistema finanziario per finalità illecite, come anche il compimento di attività criminose, è notevolmente aumentato in conseguenza anche della libera circolazione dei capitali e della liberalizzazione dei servizi finanziari nell’UE.
L’esigenza di eliminare o quanto meno ridurre tale rischio, non si concilia con l’imposizione in capo ai soggetti obbligati di oneri di adeguamento alla normativa eccessivamente gravosi, tale prospettiva potrebbe volgere a discapito della competitività del sistema nel suo complesso.
E’ necessario, dunque, che ci sia il giusto compromesso tra la prevenzione del rischio di riciclaggio e il libero sviluppo delle attività economiche, calibrando opportunamente le azioni repressive e sanzionatorie in presenza di violazioni delle disposizioni di legge in materia.
La Legge di delegazione europea per il recepimento della IV Direttiva antiriciclaggio ha conferito la delega al Governo italiano a prevedere, a fronte della violazione delle norme antiriciclaggio, sanzioni e misure amministrative effettive, proporzionate, dissuasive, per garantire il rispetto del principio del “ne bis in idem”.
La IV direttiva antiriciclaggio (Direttiva UE 2015/849), entrata in vigore il 25 giugno 2015, individua quelle che sono le attività criminose includendo anche i reati fiscali relativi alle imposte dirette e indirette, specificati nel diritto nazionale, tra i reati presupposti.
Sono inoltre previste una serie di sanzioni e misure amministrative necessarie a contrastare le violazioni gravi, reiterate o sistematiche degli obblighi relativi alle misure di:
Le azioni sanzionatorie previste risultano sufficientemente ampie da consentire alle autorità nazionali di tener conto delle differenze che sussistono tra i diversi soggetti obbligati, in termini di dimensioni, caratteristiche e natura delle attività.
Se poi ad esempio il soggetto obbligato interessato è un ente creditizio o un istituto finanziario:
Le autorità preposte possono avere la facoltà di aumentare le sanzioni e, quando si è in presenza di soggetti giuridici, devono attivarsi affinché le stesse possano essere indirizzate e applicate ai componenti dell’organo di gestione o in generale alle persone fisiche responsabili della violazione.
Le decisioni che prevedono sanzioni o misure amministrative sono inoltre soggette alla pubblicazione nel sito internet ufficiale delle autorità competenti. La pubblicazione dovrà contenere le informazioni sul tipo e sulla natura della violazione e l’identità delle persone responsabili.
Nell’ottica di garantire il principio della proporzionalità, è necessario che nello stabilire il tipo e il livello di sanzione o di misura amministrativa, si tenga conto di tutte le circostanze attinenti alla violazione quali:
Per allineare la normativa nazionale antiriciclaggio alle disposizioni previste dalla Direttiva UE, è stata conferita al Governo una apposita delega con la cosiddetta Legge di delegazione europea (n. 170 del 12 agosto 2016) e nello specifico relativamente all’impianto sanzionatorio.
Nella legge si parla di sanzioni e misure amministrative effettive, proporzionate, dissuasive per garantire il rispetto del principio del “ne bis in idem”, e volte a limitare la previsione di fattispecie incriminatrici alle condotte di grave violazione degli obblighi di adeguata verifica e di conservazione dei documenti, attuate mediante frode o falsificazione, e di violazione del divieto di comunicazione dell’avvenuta segnalazione, prevedendo sanzioni penali adeguate alla gravità della condotta.
Per quanto riguarda le sanzioni amministrative, queste devono essere ponderate sia per entità che per tipologia in base di specifici parametri quali:
Nel caso di violazione commessa da una persona giuridica, l’applicazione delle sanzioni è nei confronti dei membri dell’organo di gestione o delle altre persone fisiche titolari di poteri di amministrazione, direzione o controllo all’interno dell’ente, ove venisse accertata la loro responsabilità.
Le violazioni gravi, ripetute, sistematiche o plurime delle disposizioni in materia di adeguata verifica della clientela, di segnalazione di operazioni sospette, di conservazione dei documenti e di controlli interni, per come previsto dalla delega, sono sanzionate come illecito amministrativo e la sanzione deve comprendere almeno:
Se l’illecito in questione è ascrivibile ad enti creditizi o finanziari, le nuove misure punitive devono essere concepite in modo tale da prevedere sanzioni amministrative pecuniarie comprese tra 30.000 euro e il 10% del fatturato se applicate alla persona giuridica.
Nel caso di responsabilità imputabile a persona fisica, le sanzioni amministrative pecuniarie applicabili secondo le previsioni contenute nella delega, devono essere comprese tra 10.000 euro e un massimo di 5 milioni di euro.
Per le violazioni di scarsa pericolosità commesse da enti creditizi o finanziari, in alternativa alla sanzione pecuniaria, la delega ha previsto (in alternativa alla sanzione pecuniaria) una dichiarazione pubblica che individuasse la persona fisica o giuridica responsabile e la natura della violazione e un imposizione alla persona giuridica di porre termine al comportamento vietato, di astenersi dal ripeterlo ed in caso di perseveranza, l’applicazione di sanzioni maggiorate.
Il D.Lgs. n. 90 del 25 maggio 2017, in attuazione della direttiva antiriciclaggio e in considerazione dei principi e i criteri previsti dalla delega, ha rivisto il D.Lgs. n. 231/2007, delineando un nuovo sistema sanzionatorio basato su misure calibrate in funzione della gravità della violazione.
Conformemente a quanto prescritto dalla direttiva europea, prevale il ricorso alle sanzioni amministrative.
Il decreto circoscrive le condotte penalmente rilevanti alle sole violazioni degli obblighi di adeguata verifica e di conservazione dei documenti, compiute attraverso frode o falsificazione, all’inosservanza del divieto di comunicazione dell’avvenuta segnalazione e alle condotte di indebito utilizzo di carte di credito.
Viene innovato anche l’impianto sanzionatorio amministrativo che la riforma cerca di riportare sui binari dell’adeguatezza e della proporzionalità.
Sul tema dell’adeguatezza e delle proporzionalità va menzionato un decreto del 2016 (Decreto n. 8 del 15 gennaio 2016) recante disposizioni in materia di depenalizzazione, che aveva portato a meri illeciti amministrativi i reati puniti con la sola pena pecuniaria (multa o ammenda), senza escludere dal proprio ambito di applicazione la normativa antiriciclaggio.
Tale norma non ha prodotto un mutamento del quadro normativo in particolare in termini di equità e di giusta misura della azione sanzionatoria. Il risultato è stato quello di un indiscriminato inasprimento delle sanzioni anche per la violazione di obblighi meramente formali.
Il decreto correttivo sostituisce il titolo V del D.Lgs. n. 231/2007, apportando modifiche sia agli illeciti penali che a quelli amministrativi.
Relativamente all’ambito penale, la riforma distingue le fattispecie delittuose da quelle che hanno natura di contravvenzione.
I delitti sono riferiti alle gravi violazioni degli obblighi di adeguata verifica, conservazione dei documenti e fornitura di dati falsi per la verifica, che siano realizzate con frode o falsificazione.
Tali condotte sono punite con la reclusione da sei mesi a tre anni ed una multa da 10.000 a 30.000 euro.
Viene confermata la natura delittuosa relativamente alla indebita utilizzazione o falsificazione di carte di credito o di pagamento o di analoghi documenti con la relativa pena che continua a consistere nella reclusione da uno a cinque anni e nella multa da 310 a 1.550 euro.
Siamo nell’ambito delle contravvenzioni, invece, in presenza di violazione del divieto di divulgazione dell’avvenuta segnalazione di operazioni sospette; la fattispecie è punita con l’arresto da sei mesi a un anno e con l’ammenda da 5.000 a 30.000 euro.
Ora l’ammenda non è più alternativa all’arresto, con la conseguenza che non trova applicazione l’art. 162-bis c.p., il quale prevede l’oblazione nelle contravvenzioni punite con pene alternative.
Tale previsione è una importante innovazione in quanto la possibilità di beneficiare dell’oblazione e quindi di pagare l’ammenda finiva con lo svilire lo scopo punitivo della norma, offrendo a chi compiva la violazione la possibilità di sottrarsi all’arresto.
Le nuove sanzioni penali sono incentrate sugli elementi di concreta lesività della condotta, rispetto a quelle previste dal precedente testo antiriciclaggio, che andavano a colpire il semplice mancato rispetto degli obblighi antiriciclaggio, indipendentemente dalla determinazione di un qualsiasi danno.
Il comma 2 dell’art. 5 del decreto sostituisce il Capo II del Titolo V del D.Lgs. n. 231/2007, e modifica la disciplina delle sanzioni amministrative, con la riformulazione delle principali fattispecie di illecito amministrativo e delle relative sanzioni, che sono quantificate in ragione della gravità dell’inadempimento.
Il nuovo meccanismo sanzionatorio prevede una fattispecie di illecito contraddistinta sotto il profilo oggettivo, dalla presenza alternativa o cumulativa di ulteriori elementi costitutivi del fatto materiale, come il carattere grave, ripetuto, sistematico o plurimo della condotta, e una fattispecie caratterizzata per l’assenza dei suddetti elementi.
La gravità della violazione va valutata sulla base di determinati parametri individuati dalla legge che consentono di individuare la sanzione, tenendo conto di tutte le circostanze, rilevabili nel contesto della specifica contestazione e in particolare:
Altre valutazioni sono necessarie per fondare il giudizio di sistematicità delle violazioni e si va in tale direzione quando nell’ambito di uno o più atti di contestazione, e a seguito dell’analisi di un numero elevato di singole operazioni, non necessariamente riferibili allo stesso cliente o alla stessa tipologia di negozio o transazione, si rileva un comportamento omissivo sanzionato dalla legge.
A differenza della ripetitività e sistematicità delle violazioni, il carattere plurimo attiene alla singola contestazione elevata, potendo afferire:
Venendo alle singole fattispecie, nell’ipotesi di inosservanza delle disposizioni in materia di adeguata verifica della clientela:
In queste ipotesi, il decreto che irroga le sanzioni è pubblicato senza ritardo e per estratto, su apposita sezione del sito web del MEF ovvero delle autorità di vigilanza di settore.
Per l’inosservanza degli obblighi di conservazione dei dati, dei documenti e delle informazioni acquisiti in occasione dell’adeguata verifica della clientela, è prevista l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria pari a euro 2.000, potendo essere ridotta da un terzo a due terzi per le violazioni di minore gravità.
Anche in questo caso nelle ipotesi di violazioni gravi, ripetute, sistematiche o plurime, la sanzione base aumenta a 2.500 euro fino ad un massimo di 50.000 euro e si applica l’ulteriore misura della pubblicazione del decreto sanzionatorio su apposita sezione del sito web del MEF e delle autorità di vigilanza di settore.
Per chi omette di effettuare una segnalazione di operazione sospetta, salvo che il fatto costituisca reato, incorre in una sanzione amministrativa pecuniaria pari a 3.000 euro.
Anche in tale ipotesi l’importo della sanzione subisce un consistente aumento nelle ipotesi di violazioni gravi, ripetute, sistematiche ovvero plurime, e in tal caso si applica una sanzione da 30.000 a 300.000 euro. Il decreto che irroga le sanzioni è anche pubblicato senza ritardo e per estratto, su apposita sezione del sito web del MEF ovvero delle autorità di vigilanza di settore.
Per il personale degli intermediari bancari e finanziari e degli altri operatori finanziari responsabile, in via esclusiva o concorrente con l’ente presso cui operano, dell’omessa segnalazione è previsto uno stesso trattamento sanzionatorio.
Nel caso in cui le violazioni gravi, ripetute, sistemiche ovvero plurime producono un vantaggio economico, l’importo massimo della sanzione (300.000 euro) è elevato fino al doppio dell’ammontare del vantaggio medesimo, qualora detto vantaggio sia determinato o determinabile e, comunque, non sia inferiore a 450.000 euro ovvero fino ad un milione di euro qualora il predetto vantaggio non sia determinato o determinabile.
Se poi il soggetto obbligato omette di dare esecuzione al provvedimento di sospensione dell’operazione sospetta disposto dalla UIF, si applica una sanzione pecuniaria da 5.000 a 50.000 euro.
Varia tra i 5.000 e i 50.000 euro la sanzione applicabile nel caso di inosservanza degli obblighi informativi nei riguardi dell’UIF e degli ispettori del MEF.
Quadro normativo |
Decreto Legislativo n. 90 del 25 maggio 2017 |
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