Il mancato raggiungimento dei risultati non legittima il licenziamento

Pubblicato il 17 gennaio 2024

Da annullare il licenziamento disciplinare irrogato al dipendente che non abbia raggiunto i risultati attesi pur avendo compiuto quanto possibile per porsi nelle condizioni di eseguire le prestazioni.

Niente illecito disciplinare senza responsabilità personale nell’inadempimento

Definitiva la sentenza con cui la Corte d'appello ha annullato il licenziamento intimato ad una dipendente, con condanna della società datrice alla reintegra e al risarcimento.

A fondamento della decisione, i giudici di secondo grado avevano escluso che i fatti contestati alla dipendente integrassero un intento di quest'ultima “di sottrarsi scientemente all'integrale esecuzione delle disposizioni e della prestazione” a lei richieste.

Era infatti emerso, al contrario, che la dipendente non aveva mai mostrato disinteresse o rifiuto dei compiti lei assegnati, avendo compiuto quanto possibile per porsi nelle condizioni di eseguire le prestazioni, seguendo diligentemente il periodo di affiancamento con il “tutor”, richiedendo ausilio tra i colleghi ovvero supporto tra i referenti esterni.

La stessa, peraltro, aveva avuto un'interlocuzione costante con il superiore ed i colleghi, come provato dalle innumerevoli e-mail prodotte a dimostrazione della mancanza di un atteggiamento indifferente o evasivo.

Ciò considerato, anche se l'addebito mosso fosse da intendere come mancato raggiungimento dei risultati attesi dalla datrice di lavoro, nondimeno doveva tenersi conto della complessità della situazione in esame.

Andavano considerate, ossia, le inesistenti esperienze informatiche della prestatrice nel corso del rapporto di lavoro, le difficoltà tecniche operative della piattaforma utilizzata nonché il malfunzionamento del pc personale della lavoratrice.

Tenuto conto di tali circostanze, quindi, quand’anche si sarebbe potuto riconoscere nei fatti addebitati “un inadempimento nella sua materialità” esso risultava comunque deprivato di quel necessario carattere di illiceità disciplinare necessario per giustificare il recesso.

Ciò, in applicazione della consolidata giurisprudenza di legittimità che, ai fini della tutela, riconosce in tali casi l’applicazione dell’art.18, 4 comma dello Statuto dei lavoratori.

Licenziamento illegittimo: reintegra e risarcimento

Alla tesi sostenuta dalla Corte di appello ha aderito anche la Corte di cassazione - ordinanza n.1604 del 16 gennaio 2024 - in quanto ritenuta conforme all’orientamento giurisprudenziale oramai consolidato che riconosce l’insussistenza del fatto anche nell’ipotesi di irrilevanza disciplinare della condotta.

Per gli Ermellini, ossia, era corretto ipotizzare che lo stesso annullamento del licenziamento impugnato sarebbe conseguito quand’anche si fosse potuto riconoscere nel comportamento della ricorrente “un inadempimento nella sua materialità".

Ai fini della tutela prevista dall’art.18, 4 comma - ha ribadito la Corte - rileva anche la mancanza di illiceità disciplinare del fatto contestato e la predetta tutela va accordata anche nell’ipotesi in cui non sussista alcuna responsabilità personale rispetto ad un fattispecie di inadempimento considerata nella sua materialità.

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