Il coordinatore lavora da casa? Licenziamento illegittimo

Pubblicato il 02 febbraio 2024

Illegittimo il licenziamento disciplinare per giusta causa intimato alla dipendente, coordinatrice di cantiere, per asserita violazione delle norme sull'orario di lavoro laddove le attività di sua competenza non richiedano la "presenza fisica in un determinato luogo": non si può parlare di assenza dal servizio.

E' stato definitivamente annullato, dalla Cassazione, il licenziamento per giusta causa intimato ad una dipendente, con mansioni di "supervisione e controlli dei cantieri", cui erano state addebitate le seguenti condotte:

La Corte d'appello aveva rigettato la domanda della datrice di lavoro che pretendeva il riconoscimento della legittimità del comminato recesso.

Licenziamento per violazione dell'orario di lavoro: illegittimo

Giudizio, questo, confermato anche dalla Suprema corte alla quale si era successivamente rivolta la società datrice di lavoro.

Infondati, in particolare, sono stati giudicati i vizi di mancanza di motivazione e di motivazione apparente, lamentati dalla ricorrente.

Per la Sezione lavoro della Cassazione - ordinanza n. 2761 del 30 gennaio 2024 - la Corte territoriale aveva fondato la propria decisione considerando le attività di competenza della lavoratrice, attività che non richiedevano la sua "presenza fisica in un determinato luogo".

Sulla scorta di tali attività - aveva affermato - non si poteva escludere che nei giorni o nelle ore indicate dalla datrice come "assenza dal servizio", la dipendente avesse invece compiuto le medesime.

Andava escluso, in altri termini, che l'apprezzamento compiuto dai giudici di merito fosse immotivato.

A riprova di quanto concluso, infatti, erano state considerate soprattutto le deposizione di una teste, supervisore dell'attività dei coordinatori, lavoratrice compresa.

La testimone aveva spiegato, peraltro, che la lavoratrice a volte lavorava da casa perché, come tutti i coordinatori, aveva la scheda sim aziendale per lavorare dove e quando ritenuto opportuno.

Del resto - si legge nella decisione - l'addebito contestato sarebbe stato fondato solo laddove la prestatrice avesse fatto mancare il proprio apporto di risultato ovvero laddove fosse stato possibile dimostrare che il suo tempo fosse stato dedicato ad altre attività, non compatibili con quelle lavorative, in misura tale da escludere la prestazione oraria.

Ma ciò non era avvenuto nel caso in esame, con la conseguenza che l'illegittimità del recesso andava confermata.

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