In attesa che entri in vigore il “Codice verde” (Dlgs 152/06), da Bruxelles arrivano quattro nuove procedure d’infrazione contro l’Italia per inadempienze in campo ambientale. I rifiuti sono il punto dolente di questa ultima tornata di provvedimenti: possono costituire una minaccia reale per le persone e per l’ambiente, per tali ragioni l’esecutivo comunitario è così severo nei confronti del nostro Paese. In particolare, sotto accusa è proprio la definizione troppo restrittiva data ai “rifiuti” dalla normativa nazionale che, in tal modo, esclude tutta una serie di materiali che invece dovrebbero essere inclusi, ai sensi della direttiva quadro Ue (91/156/Ce). Il riferimento è a tutti quei rottami metallici e altri rifiuti usati nell’industria siderurgica e metallurgica e dei combustibili da rifiuto di elevata qualità che sfuggendo alle disposizioni delle normative comunitarie che disciplinano i rifiuti e il loro incenerimento possono risultare un rischio potenziale per l’ambiente e per la salute umana. Inoltre, l’Italia è stata deferita alla Corte di Giustizia Ue anche per la scorretta applicazione della direttiva del 1999 sulle discariche (31/Ce). Il nostro Paese ha recepito la direttiva solo il 27 marzo 2003 e considera questa la data limite per imporre alle discariche l’attuazione delle norme Ue. La direttiva chiedeva, invece, di definire le discariche esistenti entro il 16 luglio 2001. Per il prolungamento dei termini rappresenta una violazione del diritto comunitario, perchè in tal modo le discariche italiane autorizzate entro le due date non sono state obbligate a rispettare le regole più rigorose previste dalle nuove norme europee.
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