Lo scenario è cambiato, lo sappiamo.
Gli aspetti che ogni imprenditore deve tenere sotto controllo crescono in continuazione. Le norme di legge, le richieste della banca, si moltiplicano; può venire voglia di dire basta, la mia azienda guadagna, che ci pensino gli altri a valutarmi. Volete davvero che siano gli altri a valutarvi sulla base di dati poco leggibili? Io no!
Perché, in realtà, tutto può essere ricondotto a 3 grandi obiettivi finali che l’impresa si deve dare e che l’imprenditore deve conoscere per fare ogni scelta:
Può sembrare una semplificazione eccessiva ma questi tre obiettivi possono soddisfare tutte le richieste: della banca alla quale ci rivolgiamo per i finanziamenti, del codice civile per gli obblighi posti in capo ad ogni imprenditore, del cliente per l’efficacia delle nostre risposte, della necessità di investimenti che il nostro business richiede, ecc.
Proviamo ad immaginare di essere una PMI, dove non vi sono sistemi organizzati di controllo di gestione e si voglia iniziare a comprendere “a che punto si è”. Ebbene, cominciamo dal bilancio, procedendo però ad una riclassificazione dei dati contabili secondo un’impostazione gestionale. Il dato bilancistico che si presenta secondo lo schema del codice civile è infatti povero di informazioni ai fini gestionali.
Vediamo per esempio lo schema civilistico di conto economico (Fig. 1): esso raggruppa le voci di costo e di ricavo “per natura” e non secondo la destinazione che l’azienda dà ai singoli costi che sostiene. Per esempio, tra i servizi saranno raggruppate le spese per le consulenze, senza distinzioni tra consulenze legali, amministrative o tecniche, necessarie allo sviluppo del prodotto. Anche per quanto riguarda l’area “ricavi” ho un agglomerato generico che non mi distingue tra ricavi dell’area cosiddetta caratteristica (dove opera l’impresa) e quelli di altra natura. Faccio quindi fatica, se non dispongo di un gestionale integrato a comprendere davvero come realizzo i miei utili.
Vedremo in un altro contributo come capire quanta parte dei miei utili diventa denaro spendibile.
Procediamo quindi a riclassificare i miei dati di conto economico, dando una diversa rappresentazione degli stessi.
Fig. 1
Per prima cosa devo capire se le voci oggetto di valutazione (rimanenze, perdite su crediti, ammortamenti…) corrispondono quanto più possibile ad un criterio di ragionevolezza, cioè rappresentano la mia realtà aziendale (Es: ho in magazzino prodotti difficilmente vendibili, valorizzati ad un costo superiore al possibile prezzo di realizzo? I miei crediti sono tutti esigibili oppure vi sono incagli che si trascinano nel tempo?). Questo passaggio è fondamentale per “non nascondermi nulla”.
La seconda operazione da fare, una volta accertati i criteri ed apportate le modifiche necessarie, è riclassificare i dati contabili secondo schemi che abbiamo definito gestionali.
Partiamo dal conto economico a margine di contribuzione o margine industriale. Quali informazioni di carattere generale ottengo da questa riclassificazione? La riclassificazione ci permette di capire se, a livello generale, i costi per la produzione dei miei beni o servizi, se sono un’azienda produttiva, o di commercializzazione se sono un’impresa di distribuzione commerciale, consentono di ottenere un margine adeguato rispetto al prezzo di vendita per coprire tutti i costi generali ed avere un utile dopo le imposte (Fig. 2).
Fig. 2
In linea generale questo margine dovrebbe collocarsi tra il 30% ed il 45% per soddisfare le aspettative che l a mia azienda ha: avere un utile di esercizio, generare flussi di denaro positivi per sostenere il debito bancario esistente o di nuova erogazione, generare risorse per sostenere gli investimenti e per remunerare il capitale di rischio. Non sono solo queste le informazioni che ci sono necessarie ma è stato fatto il primo passo. Vediamo un esempio in Fig. 3.
Fig. 3
Cosa abbiamo ottenuto da questo lavoro?
Prima di tutto abbiamo capito che l’incidenza percentuale dei costi di produzione, nel loro complesso, sono tendenzialmente aumentati negli anni, mangiandosi un bel po’ di margine - Il Margine di Contribuzione – lasciando meno risorse per i costi di struttura, in questo caso le spese generali e gli oneri finanziari. Risultato: pressoché a parità di ricavi operativi, tra il 2017 ed il 2020 l’azienda ha mangiato circa 950.000 euro di utile ante imposte. E il tutto si è giocato in produzione.
Fatto questo primo passo proseguiremo per capire perché sia successo e che impatto ciò abbia avuto nella mia capacità finanziaria.
Al prossimo contributo.
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