Gli investigatori privati vanno inquadrati nel settore commercio
Pubblicato il 03 marzo 2014
La Corte di Cassazione, con
sentenza 12 febbraio 2014, n. 3228, si è occupata della questione relativa all’inquadramento ai fini previdenziali ed assistenziali degli investigatori privati.
Per la Suprema Corte, l’attività di investigatore privato, volta alla produzione di un servizio di acquisizione di dati e di elaborazione degli stessi, va inquadrata ai fini previdenziali ed assistenziali nel settore del commercio, con la conseguenza che chi esercita tale attività non deve iscriversi alla Gestione Separata INPS di cui all'art. 2, comma 26, della Legge n.
335 del 1995 - non essendo le professioni intellettuali assimilabili all'attività professionale svolta dall'investigatore privato - ma nella gestione assicurativa degli esercenti le attività commerciali.
In realtà, già con sentenza del 5 agosto 2008 n. 21137, gli Ermellini avevano sostenuto che, ex art. 49, lett. d) della L. n. 88/1989, sono classificabili nel settore terziario le attività commerciali, ivi comprese quelle turistiche, le attività di produzione, intermediazione e prestazione di servizi anche finanziari, e le attività professionali ed artistiche nonché le relative attività ausiliarie.
L'indicata onnicomprensività della suddetta disciplina porta ad includere nel terziario finanche "le attività professionali" anche se le stesse vengono svolte in forma di impresa. Quindi nella individuazione di criteri determinativi e regolatori degli obblighi contributivi non può che farsi riferimento ai comparti indicati nell'art. 49, L. 88/1989, con la conseguenza che, correttamente, l'INPS procede all'inquadramento di coloro che forniscono un servizio investigativo a persone o enti a ciò interessati, nella gestione dei commercianti, non potendosi costoro considerarsi liberi professionisti, come tali iscrivibili nella gestione separata per i lavoratori autonomi di cui al del D.P.R.
22 dicembre 1986, n. 917, art. 49 e dalle successive modifiche.
D’altra parte, per la Corte non è condivisibile la tesi che equipara, ai fini previdenziali, l'attività svolta dall'investigatore privato a quella caratterizzante le professioni intellettuali ex art. 2229 c.c., per le quali è necessaria l'iscrizione in appositi albi ed elenchi. Vi è infatti una netta distinzione tra le professioni intellettuali, che richiedono ex art. 2229 c.c. l'iscrizione in appositi albi ed elenchi, e quella di investigatore privato che presta i suoi servizi a favore di quanti hanno necessità di acquisire notizie o conoscenze e che richiede, invece, apposita licenzia e l'iscrizione nel registro delle imprese.
In conclusione, nel "settore terziario" confluiscono, oltre alle tradizionali attività del commercio, del turismo, dei pubblici esercizi, dei professionisti e degli artisti, anche tutte le attività di produzione e prestazione dei servizi alle imprese e di intermediazione nella produzione e prestazione dei servizi stessi, e quindi, anche attività di leasing, di factoring, di marketing, di organizzazione e consulenza aziendale, di servizi di pulizia di uffici e stabilimenti, di servizi di nettezza urbana e similari, di stabilimenti idropinici e idrotermali, nonché delle case di cura e degli istituti di vigilanza.