La Commissione consultiva del Consiglio nazionale forense ha reso il proprio parere su un quesito di cui era stata investita dal Consiglio dell’ordine degli avvocati di Bologna, circa la compatibilità tra lo status di “giurista d’impresa” e l’iscrizione all’albo degli avvocati.
Era stato chiesto, in particolare, se la previsione dell’articolo 2, comma 6 della Legge professionale forense consenta a qualsiasi “giurista d’impresa”, anche se non iscritto all’ufficio legale di un ente pubblico o a maggioranza pubblica, di iscriversi all’albo forense, in deroga a quanto previsto dall’articolo 18 della legge medesima.
Il Cnf, a mezzo della citata commissione, ha precisato, come, in primo luogo, le fattispecie “giuristi d’impresa” e “avvocati degli enti pubblici” siano ben distinte “in quanto assoggettate dalla L. n. 247/2012 a differente disciplina”.
Difatti, i “giuristi d’impresa” sono disciplinati dall’articolo 2 citato “al solo fine di consentire agli stessi l’esercizio dell’attività professionale di consulenza e assistenza legale stragiudiziale previa instaurazione di rapporti di lavoro subordinato ovvero stipulazione di contratti di prestazione d’opera continuativa e coordinata nell’esclusivo interesse del datore di lavoro o del soggetto in favore del quale l’opera viene prestata”.
Di per sè, lo status di “giurista d’impresa” – viene evidenziato – non consente l’iscrizione all’albo degli avvocati in considerazione dell’incompatibilità di cui all’articolo 18, lettera d) della Legge n. 247/2012.
La deroga prevista è da ritenere, quindi, limitata alla sola attività stragiudiziale in favore del datore di lavoro.
Gli avvocati degli enti pubblici – si conclude nel parere del 10 marzo 2017 - sono figura assai diversa dai primi e sono assoggettati alla speciale disciplina di cui all’articolo 23 della Legge professionale forense.
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