Giudizi tributari esclusi dall'equa riparazione per irragionevole durata

Pubblicato il 04 marzo 2015 La disciplina dell'equa riparazione per mancato rispetto del termine di ragionevole durata del processo di cui all'articolo 6, paragrafo 1 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo (Cedu), quale introdotta dagli articoli 2 e seguenti della Legge n. 89/2001, cosiddetta Legge “Pinto”, non è applicabile ai giudizi in materia tributaria e che riguardano la potestà impositiva dello Stato.

Ciò, in considerazione dell'estraneità e irriducibilità di tali giudizi al quadro di riferimento delle liti in materia civile, cui è riferita la disciplina la norma pattizia.

E' quanto precisato dalla Corte di cassazione – sentenza n. 4282 del 3 marzo 2015 – pronunciandosi su di un giudizio che aveva ad oggetto il diritto del contribuente ricorrente ad ottenere il rimborso di una ritenuta fiscale che assumeva essere stata indebitamente operata sull'indennità di buonuscita.

Estraneità dall'ambito applicativo della ragionevole durata

Quindi, nel caso in cui l'oggetto del contendere sia costituito dalla fondatezza o meno di un'imposizione e, dunque, riguardi un rapporto obbligatorio interamente disciplinato da norme di diritto pubblico, la relativa controversia deve ritenersi sottratta alla materia civile di cui all'articolo 6, paragrafo 1 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, sulla ragionevole durata del processo.

Ciò sia nel caso in cui l'azione sia diretta alla condanna dell'amministrazione finanziaria a restituire l'importo trattenuto, sia che la medesima riguardi il solo accertamento negativo di una pretesa tributaria non ancora realizzata.
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