E' contraria al diritto europeo la normativa italiana che non prevede, per i giudici di pace, alcun diritto a beneficiare di ferie annuali retribuite di 30 giorni né di un regime assistenziale e previdenziale come quello previsto per i magistrati ordinari.
Ciò, laddove tale categoria rientri nella nozione di "lavoratore a tempo parziale" ai sensi dell'accordo quadro sul lavoro a tempo parziale e/o di "lavoratore a tempo determinato" ai sensi dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, e si trovi in una situazione comparabile a quella di un magistrato ordinario.
Inoltre, le norme Italiane risultano non conformi alla disciplina Ue laddove dispongono che un rapporto di lavoro a tempo determinato può essere oggetto, al massimo, di tre rinnovi successivi, ciascuno di quattro anni, per una durata totale non superiore a sedici anni, senza prevedere la possibilità di sanzionare in modo effettivo e dissuasivo il rinnovo abusivo di rapporti di lavoro.
Sono le conclusioni cui è giunta la Corte di Giustizia dell'Unione europea nella sentenza depositata il 7 aprile 2022, causa C-236/20.
I giudici europei si sono pronunciati sulla domanda pregiudiziale presentata dal Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia Romagna, nell’ambito di una controversia sorta tra un giudice di pace, il ministero della Giustizia italiano, il Consiglio Superiore della Magistratura e la Presidenza del Consiglio dei Ministri del nostro Pease, in merito al rifiuto di accertare l’esistenza di un rapporto di lavoro di pubblico impiego, a tempo pieno o a tempo parziale, con il ricorrente.
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