E’ stata presentata al Parlamento, il 10 luglio 2018, la Relazione sull'attività svolta nel 2017 dal Garante per la protezione dei dati personali.
Nel documento è contenuto il rapporto sullo stato di attuazione della legislazione in materia di privacy, anche alla luce del nuovo Regolamento Ue 2016/679 (GDPR), e sono indicate sia l’attività posta in essere nel 2017 sia le prossime azioni che si intende intraprendere.
La relazione annuale privacy è stata introdotta dal discorso del Presidente dell’Autority, Antonello Soro, il quale ha sottolineato le rilevanti innovazioni introdotte dal nuovo quadro giuridico europeo, pienamente applicabile dal 25 maggio scorso.
Per Soro, si tratta di una disciplina “capace di adeguare il diritto ai profondi mutamenti generati dallo sviluppo delle nuove tecnologie: la prima, anche sul piano internazionale, che tenta di inscrivere in un sistema di regole democratiche la rivoluzione digitale”.
L’assunzione, da parte dell’Ue, di un unico quadro normativo in materia, costituisce - ha sottolineato - una scelta densa di conseguenze politiche, “che proietta l’Unione su una linea di avanguardia rispetto al governo della società digitale e della straordinaria complessità che la caratterizza”.
Il nuovo contesto giuridico europeo pone, così, al centro dell’agenda politica le implicazioni del digitale in tema di libertà, autodeterminazione, identità.
Viene fatto quindi riferimento al recente caso di Cambridge Analytica a seguito del quale sono emerse evidenti “le implicazioni di ordine politico e ordinamentale della nuova geografia dei poteri delineata dal digitale”.
Diverse sono le questioni che il Presidente dell’Autorità segnala come “ancora aperte”: fake news, hate speech, cyberbullismo, eterna memoria della rete, minacce cibernetiche, algoritmi predittivi, uso massivo dei big data, persuasione occulta e social engineering funzionale ad attacchi informatici.
In particolare, questi ultimi, nel solo mese di maggio, avrebbero toccato, nel nostro Paese, la soglia di 140 al giorno. Sarebbero, inoltre, aumentate di oltre il 500%, dal 25 maggio, le comunicazioni di data breach al Garante, con un coinvolgimento di oltre 330mila persone.
Siamo soggetti – si legge nel discorso di Soro - a una sorveglianza digitale, per lo più occulta, prevalentemente a fini commerciali ma destinata ad espandersi anche su altri piani, “con effetti dirompenti sotto il profilo sociale”.
Appare significativa, in questo contesto, la definizione “Internet of Me”, riferita al flusso di dati che dalla rete web giunge al singolo consumatore, con contenuti personalizzati, utilizzando oggetti di uso quotidiano capaci di apprendere dall’esperienza e adattarsi in maniera evolutiva ai comportamenti.
Il Garante rivolge l’attenzione, poi, al decreto di recepimento, sottolineando di ritenere “un’occasione mancata l’omessa modifica della disciplina sulla conservazione, per fini di giustizia, dei dati di traffico telefonico e telematico in senso conforme alla giurisprudenza della Corte di giustizia, con l’abrogazione della norma sulla conservazione per sei anni dei tabulati”.
Ai sensi dell'individuazione delle modalità semplificate per l'informativa e l'acquisizione del consenso per l'uso dei dati personali - Regolamento (UE) n.2016/679 (GDPR)
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