Fusione per incorporazione, determinazione dei valori di ingresso

Pubblicato il 06 novembre 2019

L’Agenzia delle Entrate è intervenuta per fare chiarezza in merito al valore di ingresso delle attività e passività in caso di trasferimenti di residenza delle società nel territorio dello Stato.

Il chiarimento è stato sollevato da un’istanza d’interpello con la quale si sono richieste delucidazioni in merito alla disciplina dettata dall’articolo 166-bis del Tuir, con riferimento alla formulazione in vigore fino al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2018.

Occorre ricordare, infatti, che il citato disposto normativo è stato introdotto con il decreto internazionalizzazione (Dlgs 147/2015) e successivamente modificato a seguito del recepimento della direttiva Atad ad opera del Dlgs 142/2018, con decorrenza dal 1° gennaio 2019.

Con riferimento al caso di una fusione per incorporazione, avvenuta nel corso del 2018, tra una società residente in uno Stato White list ed una italiana, sono stati sollevati due quesiti:

  1. se il valore di ingresso delle attività e passività trasferite in Italia per effetto dell’operazione straordinaria possa considerarsi automaticamente coincidente con il valore attribuito per la determinazione dell’exit tax dovuta nello stato estero, in quanto conforme all’arm’s length principle;

  2. se il disavanzo di fusione che l’incorporante ha allocato contabilmente ad avviamento abbia rilevanza fiscale.

Fusione per incorporazione, valore delle attività e passività in entrata

Nel rispondere ai dubbi sollevati con la risoluzione n. 92/E/2019, l’Agenzia delle Entrate ripercorre l’evoluzione normativa dell’articolo 166-bis del Tuir e si sofferma sulla locuzione di “valore normale”, richiamata in tale norma, specificando che tale criterio rappresenta quello con cui valorizzare attività e passività in ingresso.

Con riferimento al concetto di trasferimento, poi, si richiama la risoluzione n. 69/E del 5 agosto 2016, secondo la quale il suddetto criterio del valore normale trova applicazione anche laddove detto trasferimento nel territorio dello Stato si verifichi “a seguito e per effetto di una fusione con una società italiana” e opera a prescindere dal pagamento di una exit tax nello Stato di “uscita”.

Il valore normale, dunque, è assunto quale “criterio generale” per i trasferimenti da Stati o territori cosiddetti White list. Il fine del legislatore, che privilegiando tale criterio sembra aver effettuato una scelta di neutralità rispetto alle vicende dell’impresa che sono avvenute nello Stato estero White list di provenienza, compreso il pagamento di un’imposta in uscita, è infatti quello di evitare che plusvalori o minusvalori dei beni maturati interamente all’estero influiscano sulla determinazione del reddito imponibile in Italia.

Inoltre, come specificato dalla stessa Agenzia in altre sedi, il parametro del valore normale deve considerarsi inderogabile. Da ciò deriva che non è possibile affermare in linea di principio che il valore normale degli asset, richiamato dall’articolo 166-bis del Tuir, coincida sempre col valore attribuito in sede di applicazione della exit tax dovuta nel Paese di provenienza.

Specifica, comunque, la risoluzione n. 92/E che tale valore potrà, comunque, rilevare per la determinazione dei valori di ingresso qualora il contribuente ritenga autonomamente di operare in tal senso, fermi restando, in tal caso, gli ordinari poteri di controllo dell’Amministrazione finanziaria.

Fusione per incorporazione, rilevanza fiscale dell’avviamento

Circa la rilevanza fiscale da attribuire all’avviamento, si osserva che l’articolo 166-bis del Tuir, nella versione precedente alle modifiche apportate dal Dlgs n. 142/2018, non faceva alcuna specifica menzione a tale voce di bilancio, riferendosi, invece, solo alla valorizzazione di singole attività e passività.

Pertanto, ritiene l’Agenzia che: “non sia possibile attribuire automatica rilevanza fiscale alla posta allocata contabilmente ad avviamento dall’incorporante e corrispondente al disavanzo emerso a seguito della fusione per incorporazione. Tale posta, infatti, non è riconducibile alle “attività” e alle “passività” del soggetto che trasferisce la propria residenza in Italia mediante l’operazione straordinaria, in quanto emerge nel bilancio dell’incorporante solo successivamente al perfezionarsi della medesima operazione straordinaria come disavanzo da fusione contabilmente imputato dallo stesso soggetto ad avviamento”.

Dunque, è da escludersi che per le operazioni precedenti all’entrata in vigore del nuovo articolo 166-bis del Tuir l’avviamento possa assumere rilevanza in via automatica.

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