I principi richiamati nella sentenza sulla causa "Taricco" - Corte di Giustizia Ue dell’8 settembre 2015, causa C-105/14 – e, di conseguenza, la disapplicazione della normativa italiana in materia di prescrizione, non si applicano per quel che riguarda le ipotesi di frodi fiscali Iva di lieve entità.
Ed infatti, nella sentenza della Corte di giustizia viene fatto riferimento ai casi di frode “grave”, senza precisazione di quale sarebbe la soglia di gravità minima in cui il reato dovrebbe concretizzarsi ai fini della disapplicazione della prescrizione medesima.
Nel caso in cui, pertanto, sia stato escluso, dal giudice nazionale, un regime sanzionatorio di particolare severità nonché l’eventuale contestazione dell’aggravante del danno patrimoniale di rilevante gravità, è legittimo che venga disapplicata la sentenza Ue richiamata e venga adottata una prescrizione breve.
E’ quanto evidenziato dalla Corte di cassazione nel testo della sentenza n. 7914 del 26 febbraio 2016.
In detta pronuncia è stato, inoltre, rilevato come sarebbe inaccettabile, anche sotto il profilo giuridico, che la prescrizione del reato - nel caso in esame già decorsa in base alla legislazione nazionale e al diritto vivente - possa essere vanificata per effetto di un’interpretazione sopravvenuta dell’articolo 325 del TFUE, come quella offerta dalla sentenza della Corte di giustizia nella causa “Taricco”.
Sussiste, infatti, una sorta di “diritto quesito” dell’imputato all’estinzione del reato per il quale sia già intervenuto il termine di prescrizione alla data di pubblicazione della sentenza della Corte di Giustizia Ue dell’8 settembre 2015, causa C-105/14, sul regime della prescrizione applicabile a reati commessi in materia di imposta sul valore aggiunto.
La disapplicazione di cui agli articoli 160 e 161 del Codice penale (in materia di interruzione e sospensione della prescrizione) sancita dai giudici europei e, al tempo stesso, il rispetto dell’ordinamento dell’Unione europea medesima, devono infatti valutarsi esclusivamente rispetto ai fatti ancora non prescritti alla data della pubblicazione della citata sentenza della Corte di Lussemburgo.
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