A fronte di frodi Iva per importi non particolarmente considerevoli (nella specie per 126mila euro circa) ed in assenza di ulteriori indici di gravità - come nel caso di condotte che non denotano una spiccata capacità criminale, né una particolare organizzazione di mezzi, né la partecipazione di più soggetti o l’interposizione fittizia di più società nelle singole operazioni - deve ritenersi che non sussista il requisito della gravità della frode sulla cui base è possibile applicare i principi richiamati nella sentenza sulla causa "Taricco" - Corte di Giustizia Ue dell’8 settembre 2015, causa C-105/14 – e, di conseguenza, procedere con la disapplicazione della normativa italiana in materia di prescrizione.
Quanto, poi, al requisito dell’inoffensività delle sanzioni previste, deve considerarsi che lo stesso non ricorra in presenza di un’entità contenuta e di un numero modesto di operazioni fraudolente che siano state poste in essere senza l’interposizione di più società o in episodi che non risultino ascrivibili a un contesto associativo e non coinvolgano di volta in volta una pluralità di soggetti, ma solo l’emittente e il ricevente le fatture.
Sono queste le motivazioni sulla cui base la Corte di cassazione, con sentenza n. 44584 del 24 ottobre 2016, ha annullato, senza rinvio, la condanna disposta nei gradi precedenti nei confronti di tre imputati, riconoscendo i reati a loro ascritti come estinti per prescrizione.
Secondo la Corte, in particolare, le frodi Iva agli stessi contestate non rientravano tra i reati per i quali possono trovare applicazione i principi in materia di durata massima del termine di prescrizione, affermati con la citata sentenza “Taricco”.
E difatti, sulla base della pronuncia della Corte di giustizia, i requisiti che integrano l’illegittimità comunitaria per “ineffettività della complessiva disciplina sanzionatoria delle frodi sotto il profilo dell’eccessiva brevità del termine prescrizionale complessivo a seguito di interruzione” sono:
Requisiti, questi, ritenuti insussistenti nel caso in oggetto.
Per la Corte, inoltre, anche il comma 1–bis dell’articolo 17 Decreto legislativo n. 74/2000 - introdotto dal Decreto legge n. 138/2011 e che eleva di un terzo i termini di prescrizione dei reati previsti dagli articoli da 2 a 10 del medesimo decreto - costituendo, nella specie, norma successiva alla commissione dei reati contestati, era da ritenere inapplicabile.
Conseguentemente, il computo della prescrizione doveva essere effettuato con gli ordinari criteri di cui agli articoli 157, primo comma, 160, terzo comma, 161, secondo comma del Codice penale.
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