Se l’impianto concorre allo svolgimento dell’attività agricola e soddisfa i requisiti soggettivi ed oggettivi previsti dall’art. 9, comma 3-bis, del Decreto legge n. 557/1993, può essere classificato come fabbricato rurale strumentale nella categoria D/10.
E' quanto precisato dalla Corte di cassazione con ordinanza n. 29754 del 19 novembre 2024, pronunciata riguardo al trattamento catastale di un impianto fotovoltaico situato su un terreno agricolo.
Questo inquadramento - ha spiegato la Suprema corte - si applica anche quando l’imprenditore agricolo, sia esso individuale o collettivo, utilizza l’impianto fotovoltaico in leasing piuttosto che esserne proprietario.
La condizione fondamentale è che la produzione di energia fotovoltaica sia imputabile all’attività agricola principale, configurandosi come attività connessa ai sensi dell’art. 2135, terzo comma, del codice civile.
La procedura DOCFA, in tale contesto, è lo strumento previsto per la classificazione catastale, con l'obiettivo di garantire coerenza con il regime fiscale e catastale applicabile alle attività agricole integrate da impianti fotovoltaici.
La controversia all'attenzione della Cassazione era relativa alla classificazione catastale di un impianto fotovoltaico situato su un terreno agricolo.
La questione riguardava la corretta attribuzione della categoria catastale, tra D/10, indicativa di fabbricati rurali strumentali, e D/1, che identifica gli opifici. La procedura di rettifica era stata avviata mediante il sistema DOCFA.
Nel caso specifico, la Commissione Tributaria Regionale aveva accolto l’appello dell’amministrazione fiscale, affermando che la proprietà superficiaria dell’impianto non fosse riferibile a un imprenditore agricolo e, pertanto, non soddisfacesse i requisiti di ruralità previsti dalla normativa.
Diverse le conclusioni della Corte di Cassazione, secondo la quale un impianto fotovoltaico realizzato su un terreno agricolo può essere classificato come fabbricato rurale strumentale, anche qualora non sia di proprietà dell’imprenditore agricolo, ma sia utilizzato da quest’ultimo attraverso un contratto di leasing.
La produzione di energia deve, tuttavia, essere direttamente riconducibile all’attività agricola e soddisfare determinati requisiti normativi di carattere soggettivo e oggettivo.
Nella decisione, gli Ermellini hanno fatto riferimento all’articolo 1, comma 423, della Legge n. 266 /2005, per come integrato dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 66/2015, e all’articolo 2135 del codice civile, che definisce le attività connesse all’agricoltura.
La Corte ha inoltre ribadito che l’attribuzione della categoria D/10 richiede l’impiego prevalente di risorse aziendali nell’attività agricola, valutando l’impianto come strumentale al lavoro agricolo.
In conclusione, la Corte ha annullato la decisione della Commissione Tributaria Regionale e ha rinviato la causa a un altro collegio per un nuovo esame, sottolineando la necessità di accertare la presenza dei requisiti previsti dalla legge per il riconoscimento del carattere di ruralità.
Di seguito il principio di diritto enunciato dalla Cassazione:
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