Forza maggiore, l'obbligazione contributiva non viene meno

Pubblicato il 23 febbraio 2021

La forza maggiore, pur potendo liberare dagli obblighi di prestazione e retribuzione, non acquista rilevanza sull'obbligazione contributiva, salvo che non vi sia una clausola del contratto collettivo che attribuisca alla "forza maggiore" medesima la qualità di causa di sospensione del rapporto di lavoro.

La Corte di cassazione ha accolto il ricorso promosso dall’INPS contro una decisione di merito, confermativa dell'annullamento di una cartella esattoriale con cui era stato ingiunto ad una Sas di pagare i contributi previdenziali ritenuti omessi in danno di taluni dipendenti occupati presso un cantiere.

Sospensione lavoro per causa di forza maggiore, tipizzazione in contratto collettivo

Secondo la Corte territoriale, essendo state provate le cattive condizioni climatiche insistenti nel luogo del cantiere, la sospensione dell'attività lavorativa disposta dall'impresa doveva reputarsi giustificata per causa di forza maggiore, di talché nulla era dovuto per i contributi omessi.

L’INPS aveva impugnato la predetta decisione davanti alla Suprema corte, lamentando la violazione e falsa applicazione dell'art. 1 del Decreto legge n. 338/1989, per avere, la Corte di merito, ritenuto giustificata la sospensione dell'attività lavorativa per causa di forza maggiore ancorché si trattasse di fattispecie di sospensione non tipizzata dalla contrattazione collettiva applicabile.

Impossibilità oggettiva della prestazione e obbligo contributivo

Con sentenza n. 4676 del 22 febbraio 2021, la Sezione lavoro della Suprema corte ha giudicato fondata tale doglianza.

In particolare, ha giudicato che non potesse essere condiviso l'assunto della sentenza impugnata secondo cui la ricorrenza di una ipotesi di impossibilità oggettiva totale o parziale della prestazione di lavoro ex artt. 1463 e 1464 c.c. comporterebbe anche il venir meno dell'obbligo contributivo, indipendentemente dal fatto che tale ipotesi non sia tipizzata dalla legge o dal contratto collettivo quale causa di legittima sospensione del rapporto di lavoro.

Gli Ermellini hanno inoltre spiegato come fosse del tutto inconferente il richiamo operato dai giudici di merito alla costante giurisprudenza di legittimità in tema di sospensione dell'obbligo retributivo in relazione a cause di forza maggiore che rendano inutilizzabile la prestazione lavorativa.

Difatti – si legge nel testo della decisione - il principio in questa sede sancito “vale precisamente nell'ambito del sinallagma contrattuale individuale, ma non acquista rilevanza ai fini della determinazione dell'obbligazione contributiva se non in quanto vi sia una clausola del contratto collettivo di settore che attribuisca alla "forza maggiore" la qualità di causa di sospensione del rapporto di lavoro”.

E’ sbagliato, infatti, ritenere che ogni alterazione del sinallagma funzionale del rapporto di lavoro, per quanto possa incidere sull'an e sul quantum dell'obbligazione retributiva, sia rilevante ai fini della commisurazione dell'obbligazione contributiva: quest'ultima segue proprie regole, potendo risultare dovuta perfino in assenza di alcun obbligo retributivo a carico del datore di lavoro.

In definitiva, il Collegio di Piazza Cavour ha così concluso: “la forza maggiore non imputabile al datore di lavoro, pur potendo liberare il lavoratore dall'obbligo della prestazione ed il datore di lavoro dall'obbligo di corrispondere la retribuzione, non acquista rilevanza ai fini della determinazione dell'obbligazione contributiva se non in quanto vi sia una clausola del contratto collettivo di settore che attribuisca alla "forza maggiore" la qualità di causa di sospensione del rapporto di lavoro”.

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