Il diritto del lavoratore di ottenere dall'INPS, quale gestore del Fondo di garanzia, il pagamento dei crediti di lavoro relativi agli ultimi tre mesi del rapporto di lavoro, si prescrive nel termine di un anno.
Lo ha rammentato la Corte di cassazione nel testo della sentenza n. 1771 del 20 gennaio 2023, prima di precisare come individuare il dies a quo a partire dal quale calcolare la decorrenza della prescrizione per le ipotesi in cui il datore di lavoro non sia assoggettabile alle procedure di fallimento, concordato preventivo, liquidazione coatta amministrativa ovvero alla procedura dell'amministrazione straordinaria.
Nei menzionati ultimi casi - si legge nella pronuncia - la prescrizione annuale decorre dal momento in cui il lavoratore, in seguito all'esperimento dell'esecuzione forzata, ha avuto cognizione o avrebbe dovuto avere cognizione dell'insufficienza totale o parziale delle garanzie patrimoniali, "adoperandosi con una condotta improntata all'ordinaria diligenza per ottenere, ai sensi dell'art. 518 cod. proc. civ. la consegna del processo verbale di pignoramento redatto dall'ufficiale giudiziario".
Nella vicenda specificamente esaminata, la Suprema corte ha confermato la decisione con cui la Corte d'appello aveva individuato nel ritiro del verbale di pignoramento mobiliare negativo il momento in cui il creditore, con una condotta improntata all'ordinaria diligenza, aveva conosciuto l'insufficienza delle garanzie patrimoniali del datore, necessaria per accedere all'intervento del Fondo di garanzia.
Tale conoscenza era stata acquisita in tempi ragionevolmente ravvicinati, tali da non consentire di formulare, a carico del creditore, alcun addebito di negligenza.
Allorché la domanda amministrativa era stata presentata, infatti, il termine annuale di prescrizione - calcolato, come detto, dal ritiro del verbale di pignoramento - non era ancora decorso.
Secondo il Collegio di legittimità, si trattava di una valutazione del tutto coerente con i sopra richiamati principi che andava, ciò posto, confermata.
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