Con sentenza n. 42230 depositata il 21 ottobre 2015, la Corte di Cassazione, terza sezione penale, ha respinto il ricorso del Ministero dell'Economia e dell'Agenzia delle Entrate, avverso la dichiarata inammissibilità della proposta istanza di riesame, contro l'ordinanza di rigetto del sequestro conservativo dei beni mobili ed immobili del legale rappresentante di una S.p.a. e di altri imputati, rinviati a giudizio per associazione a delinquere finalizzata alla commissione di reati tributari.
Nel respingere le censure, la Corte Suprema – facendo proprio un recente arresto delle Sezioni Unite – ha chiarito come la parte civile (quale, nella specie, l'Ente finanziario ricorrente) non sia legittimata a ricorrere in Cassazione contro il provvedimento che abbia annullato o revocato, in sede di riesame, l'ordinanza di sequestro conservativo disposta a favore della medesima parte civile.
Principio, quest'ultimo, evidentemente applicabile anche in relazione all'ipotesi di specie, ove, cioè, il Tribunale della cautela aveva dichiarato inammissibile l'appello avverso il provvedimento con cui veniva rigettata la primigenia istanza di sequestro.
Né detta approdo determina alcuna compressione del diritto di agire in giudizio della parte danneggiata dal reato. Alla parte civile che decida di revocare la propria costituzione nel giudizio penale, è infatti sempre consentito rimettere in gioco le proprie pretese, anche cautelari, dinnanzi al giudice civile.
Né assume rilievo – prosegue la Corte – la circostanza che, nel caso in questione, il credito vantato dalla parte civile sia di natura tributaria, posto che l'ordinamento già predispone, per evidenti ragioni di interesse generale, strumenti peculiari volti a rafforzare la posizione di vantaggio dell'Erario in ordine alla conservazione dei mezzi per soddisfare il proprio credito di diritto pubblico, conseguente alla evasione delle imposte anche mediante condotte costituenti reato.
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