Fine vita. La sentenza della Corte costituzionale

Pubblicato il 25 novembre 2019

E’ stata depositata dalla Corte costituzionale l’attesa sentenza sul fine vita e sulle condizioni di non punibilità dell'aiuto al suicidio.

Suicidio assistito, quando non è punibile?

Nel dettaglio, con la sentenza n. 242 depositata il 22 novembre 2019, la Consulta ha sancito l’illegittimità costituzionale dell’articolo 580 del Codice penale (istigazione o aiuto al suicidio), “nella parte in cui non esclude la punibilità di chi, con le modalità previste dagli artt. 1 e 2 della legge 22 dicembre 2017 n. 219 (Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento) – ovvero, quanto ai fatti anteriori alla pubblicazione della presente sentenza nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, con modalità equivalenti nei sensi di cui in motivazione –, agevoli l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di una persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetta da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che ella reputa intollerabili, ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli, sempre che tali condizioni e le modalità di esecuzione siano state verificate da una struttura pubblica del servizio sanitario nazionale, previo parere del comitato etico territorialmente competente”.

Le conclusioni dei giudici costituzionali erano già state anticipate con comunicato stampa del 25 settembre 2019: va esclusa la responsabilità penale per chi, a determinate condizioni, agevoli l’esecuzione del proposito di suicidio di un paziente tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale.

Aiuto al suicidio, vulnus normativo non colmato

La Corte costituzionale, nella sentenza odierna, ha preso atto dell’inutile decorso del termine di un anno concesso al Parlamento, con precedente ordinanza n. 207/2018, al fine di colmare il vulnus normativo in materia di fine vita.

In considerazione, quindi, della necessaria prevalenza dell’esigenza di garantire la legalità costituzionale rispetto a quella di lasciare spazio alla discrezionalità del legislatore, ha chiarito che “se la dichiarazione di incostituzionalità rischia di creare vuoti di disciplina che mettono in pericolo diritti fondamentali, la Corte costituzionale deve preoccuparsi di evitarli, ricavando dal sistema vigente i criteri di riempimento, in attesa dell’intervento del Parlamento”.

Condizioni di non punibilità per fatti successivi a sentenza

In attesa della regolamentazione legislativa, così, la Consulta ha concluso per la non punibilità della condotta esaminata, subordinandola, tuttavia, a precise condizioni procedurali, ed ossia:

Per fatti anteriori? Modalità anche diverse ma con garanzie equivalenti

Poiché, però, queste condizioni valgono esclusivamente per i fatti ad essa successivi e non possono essere richieste per i fatti anteriori, come nel caso di DJ Fabo - Cappato, per questi ultimi – ha precisato la Corte – “la non punibilità dell’aiuto al suicidio rimarrà subordinata, in specie, al fatto che l’agevolazione sia stata prestata con modalità anche diverse da quelle indicate, ma idonee comunque sia a offrire garanzie sostanzialmente equivalenti”.

Per la Corte costituzionale, nel dettaglio, occorrerà:

"Requisiti tutti" - ha quindi concluso - "la cui sussistenza dovrà essere verificata dal giudice nel caso concreto”.

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