Nel contestare il reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture false al rappresentate legale di una società di vaste dimensioni, occorre aver riguardo a che questi sia effettivamente consapevole della condotta illecita posta in essere, e che la stessa non sia piuttosto imputabile esclusivamente a terzi.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, terza sezione penale, accogliendo il ricorso del rappresentante legale di una società, condannato ai sensi dell’art. 2 D.Lgs. 74/2000.
Nel caso di specie, secondo la Corte, non può affermarsi l’attribuibilità soggettiva all'imputato dei fatti illeciti contestati, in relazione alla particolare allegazione difensiva dedotta, ossia alla riferibilità ad altro soggetto, operante in sede diversa e separata dalla società contribuente.
In tal senso – precisa ancora la Cassazione con sentenza n. 38717 del 19 settembre 2016 - non può difatti ritenersi sufficiente la mera preposizione formale dell’imputato alla legale rappresentanza della società contribuente. E ciò in quanto, date le dimensioni di quest’ultima, non certamente minimali, è invece necessario accertare in concreto la consapevolezza del rappresentante circa la fittizietà delle fatture utilizzate ai fini della presentazione di una dichiarazione fiscale fraudolentemente falsa.
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