Fatturazione elettronica. Garante: il parere è sulla memorizzazione

Pubblicato il 14 luglio 2020

Ha scatenato reazioni il parere dell’Authority sulla mole di dati conservati dal Fisco, senza giustificazioni fiscali, nell’ambito della fatturazione elettronica.

Il Garante privacy, a stretto giro, pubblica un comunicato con la precisazione che il parere non riguarda l’istituto della fattura elettronica - su cui l’Autorità si è, a suo tempo, e più di una volta espressa favorevolmente - ma le innovazioni con le quali il legislatore - e, conseguentemente, l’Agenzia delle entrate - ha esteso l’utilizzo, a fini di controllo, di ulteriori dati ricavati dalle fatture elettroniche, non fiscalmente rilevanti.

Il comunicato del 13 luglio 2020 spiega che la parte dello schema di provvedimento dell’Agenzia che viola la privacy riguarda la memorizzazione dei dati.

Il documento, che intende aggiornare le regole per l’emissione e la ricezione delle fatture elettroniche per ottemperare alle disposizioni in tema di memorizzazione integrale dei file XML, dà il via, tra l’altro, all’utilizzo, a fini fiscali, dei c.d. “dati fattura integrati”.

Il che vuol dire che saranno memorizzati anche i dati di dettaglio inerenti l’oggetto della prestazione del bene o del servizio.

Molti di questi dati - quali ad esempio quelli contenuti negli allegati delle fatture - non rilevano a fini fiscali, sottolinea il Garante, e possono invece rivelare dati di natura sanitaria o la sottoposizione dell’interessato a procedimenti penali, come nel caso di fatture per prestazioni in ambito forense o ancora specifiche informazioni su merci o servizi acquistati.

Pertanto, la memorizzazione, a prescindere dall’eventuale utilizzo, delle fatture nella loro integralità comporta l’acquisizione massiva di una mole rilevantissima dei dati contenuti nei circa 2 miliardi di fatture emesse annualmente, inerenti tra l’altro i rapporti fra cedente, cessionario ed eventuali terzi, fidelizzazioni, abitudini e tipologie di consumo, regolarità dei pagamenti, appartenenza dell’utente a particolari categorie.

Ed è questa la parte che viola, secondo il parere espresso dall'Autorità, il trattamento dei dati personali dei contribuenti: l’ “estensione del novero dei dati trattati dall’amministrazione fiscale contrasta con il principio di proporzionalità su ci si basano l’ordinamento interno ed europeo, ingolfa le banche dati dell’Agenzia delle Entrate rendendole più vulnerabili, perché estese e interconnesse in misura tale da divenire assai più difficilmente presidiabili, e configura un sistema di controllo irragionevolmente pervasivo della vita privata di tutti i contribuenti, senza peraltro migliorare il doveroso contrasto dell’evasione fiscale”.

Ed è su questo elemento di maggiore criticità delle recenti innovazioni normative che il Garante ha chiesto un supplemento di riflessione ab origine, ossia sin dall’esame parlamentare del decreto fiscale: “non è ammissibile, perché sproporzionata, l’estensione a dati rilevantissimi per la vita privata dei contribuenti, ma fiscalmente irrilevanti e, come tali, incapaci di apportare alcun minimo miglioramento all’azione di contrasto dell’evasione. Essa va resa più efficiente, non più orwelliana, per garantire quell’equità fiscale promessa dalla Costituzione”.

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