Falso in bilancio, soppresse le valutazioni

Pubblicato il 23 febbraio 2016

La Corte di Cassazione, quinta sezione, ha respinto il ricorso di un istituto di credito, confermandone il sequestro disposto in relazione al contestato reato di false comunicazioni sociali.

Avverso la decisione, l’istituto ricorrente deduceva l’erronea applicazione dell’art. 2621 c.c. laddove la Legge 69/2015 ha introdotto rilevanti modifiche nel tessuto normativo, soprattutto per quanto concerne la rilevanza dei fatti materiali e l’omessa considerazione delle valutazioni.

Ed invero, in tema di falso in bilancio, la Corte ha confermato come la Legge n. 69 del 27 maggio 2015 abbia effettivamente riformulato gli artt. 2621 e 2622 c.c. eliminando l’inciso “ancorché oggetto di valutazioni” ed inserendo il riferimento, quale oggetto della condotta rilevante, ai “fatti materiali non rispondenti al vero”

Modifica falso in bilancio, rilevanza dei fatti materiali

La modifica in questione, per quel che qui rileva, ha dunque investito la modalità oggettuale relativa ai fatti sui quali deve cadere la falsità penalmente rilevante, di modo che la versione attuale presenti evidenti diversità rispetto alla precedente: la modalità omissiva della condotta è stata uniformata rispetto a quella attiva nell'essere indirizzata su fatti materiali e non più su informazioni; per entrambe le modalità esecutive è stato evidenziato il requisito della rilevanza dei fatti materiali sui quali incide il falso; per la modalità attiva si registra la completa soppressione del riferimento alle valutazioni.

Ne discende – precisa la Corte con sentenza 6916 depositata il 22 febbraio 2016 – che la soppressione di detto riferimento normativo abbia effettivamente ridotto l’estensione della norma incriminatrice, limitandola alle apposizioni contabili che attingono da fatti economici materiali, escludendo quelle prodotte da valutazioni, pur se moventi da dati oggettivi.

Pur nel descritto quadro interpretativo, la Corte ha tuttavia concluso come nel caso di specie, non possano residuare dubbi sul fatto che le condotte descritte nel capo di imputazione siano riconducibili nei “fatti materiali non rispondenti al vero”, dunque punibili come false comunicazioni sociali anche nella nuova veste normativa assunta dall'art. 2621 c.c.

 

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