L’Agenzia delle Entrate, con la risposta ad interpello n. 85 del 27 marzo 2019, ha fornito alcune indicazioni in tema di esterometro, alla luce della prima applicazione di questo nuovo adempimento.
I soggetti passivi d’imposta IVA residenti o stabiliti in Italia sono tenuti a comunicare, entro il 30 aprile, le operazioni realizzate nel primo trimestre 2019 con consumatori finali e operatori economici non residenti, anche se identificati nel nostro Paese. Questo adempimento non esclude l’impegno dell’INTRASTAT, che resta obbligatorio per i soggetti mensili e trimestrali, entro il termine del 26 aprile 2019.
Si ricorda che il comma 3-bis dell’articolo 1 del Dlgs n. 127 del 2015, come introdotto dalla Legge n. 205/2017, prevede che tutti i soggetti passivi – nello specifico quelli “residenti o stabiliti nel territorio dello Stato” - trasmettano telematicamente all’Agenzia delle Entrate i dati relativi alle operazioni di cessione di beni e di prestazione di servizi effettuate e ricevute verso e da soggetti non stabiliti nel territorio dello Stato, salvo quelle per le quali è stata emessa una bolletta doganale e quelle per le quali siano state emesse o ricevute fatture elettroniche.
A differenza dell’obbligo di presentazione dei modelli INTRASTAT - previsto, tra l’altro, per i soggetti passivi IVA italiani che effettuano scambi di beni comunitari e/o di servizi “generici” con altri soggetti passivi IVA di altri Stati membri - l’invio dell’esterometro riguarda tutte le cessioni di beni e le prestazioni di servizi verso e da soggetti non stabiliti nel territorio dello Stato, senza ulteriori limitazioni.
Ai fini, infatti, dell’adempimento di detto obbligo comunicativo:
è rilevante solo la circostanza che il soggetto non sia stabilito in Italia, indipendentemente dalla natura dello stesso;
non è significativo il fatto che l’operazione sia o meno rilevante, ai fini IVA, nel territorio nazionale.
Con riferimento all'ambito soggettivo, si sono registrate negli ultimi tempi alcune incertezze, non risultando chiaro se l’adempimento vada effettuato da tutti i soggetti passivi d’imposta residenti o stabiliti oppure se si riferisca solo a coloro che per norma sono obbligati all’emissione della fattura elettronica. Questa seconda soluzione escluderebbe, in particolare, dall’adempimento i soggetti forfettari e minimi.
Un chiarimento in proposito è stato reso dall’Amministrazione finanziaria con la risposta ad interpello n. 85/2019.
L’istante è un società di diritto inglese, che non è un soggetto passivo ai fini IVA ed è priva del cosiddetto “VAT number” in virtù del regime speciale per le "piccole imprese" previsto dagli articoli 281-294 della Direttiva 2006/112/Ce.
Prestando servizi di consulenza anche a soggetti passivi d’imposta italiani, la stessa chiede di conoscere se questi ultimi siano tenuti a comunicare i dati relativi a dette operazioni ai sensi dell’adempimento dell’esterometro.
La società istante ritiene che i soggetti passivi d’imposta italiani non siano tenuti ad adempiere alla comunicazione, in analogia con quanto chiarito dalla circolare n. 36/E del 21 giugno 2010 in merito alla presentazione degli elenchi INTRASTAT.
Nella sua risposta n. 85/E/2019, l’Agenzia delle Entrate assume una posizione diversa da quella dell’istante, reputando che l’obbligo di presentazione dei modelli INTRASTAT non può essere assimilabile con l’obbligo previsto dall'articolo 1, comma 3-bis del Dlgs n. 127/2015 (esterometro).
Secondo quanto espressamente previsto da tale disposizione di legge, infatti, i soggetti residenti devono comunicare telematicamente al Fisco le operazioni effettuate e ricevute “verso e da soggetti non stabiliti nel territorio dello Stato, salvo quelle per le quali è stata emessa una bolletta doganale e quelle per le quali siano state emesse o ricevute fatture elettroniche”.
Dunque, per l’Agenzia, non vi è alcuna esclusione che riguardi - per esempio - i forfetari e i minimi nazionali, che quindi sarebbero tenuti alla comunicazione delle specifiche operazioni.
Pertanto, l’esterometro è obbligatorio per la società italiana che effettua operazioni con una controparte inglese, anche se questa, in quanto “piccola impresa”, non ha una posizione IVA.
Ciò che rileva, ai fini dell’adempimento, è la circostanza che il fornitore è stabilito oltre confine, mentre è ininfluente il fatto che la transazione sia o meno rilevante ai fini IVA sul territorio nazionale.
Infine, l’Agenzia fa presente che: “presumibilmente, lo stesso obbligo dovrà essere adempiuto dai committenti italiani anche all’esito delle trattative in corso per l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione europea. Infatti, per gli acquisti di beni e servizi da soggetti extra UE - che devono essere documentati con autofattura - non è richiesta la forma elettronica di trasmissione via SdI e, pertanto, ricadono nel campo di applicazione dell’esterometro”.
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