Il lavoratore, malato di mesotelioma, si suicida dopo la diagnosi? Va escluso che il suicidio possa interrompere o escludere il nesso di causalità fra l'esposizione all'amianto e il decesso.
Il datore di lavoro è responsabile ex art. 2087 del codice civile ed è tenuto a risarcire gli eredi.
Con sentenza del 4 aprile 2024, il Tribunale di Bologna, Sezione Lavoro, si è pronunciato nella causa promossa dai familiari di un ex dipendente delle Ferrovie dello Stato.
La causa riguardava la richiesta di risarcimento per danno non patrimoniale conseguente alla morte del lavoratore, attribuita all'esposizione professionale all'amianto.
Il dipendente aveva lavorato dal 1969 al 1992 presso il Deposito Locomotive della società, svolgendo varie mansioni tra cui carpentiere, aggiustatore meccanico e conduttore centrale termica.
In questo periodo, era stato esposto all'amianto durante la manutenzione e riparazione dei mezzi ferroviari.
Nell'aprile 2020 gli era stato diagnosticato un mesotelioma pleurico e, nel novembre dello stesso anno, si era suicidato.
I ricorrenti si erano rivolti al Tribunale per chiedere il risarcimento per danno non patrimoniale, sostenendo che l'esposizione all'amianto avesse causato la malattia e successivamente il suicidio del loro familiare.
La società datrice di lavoro aveva negato l'esistenza di un nesso causale tra la malattia e l'attività lavorativa, sostenendo di aver adottato tutte le misure di sicurezza conosciute all'epoca e contestando la liquidazione del danno.
Nel corso del giudizio, il Tribunale ha raccolto le testimonianze di ex colleghi del deceduto, utilizzando anche una consulenza tecnica medico-legale che aveva confermato l'esposizione significativa all'amianto e il nesso causale tra l'esposizione e il mesotelioma pleurico.
Il giudice del lavoro ha ritenuto provato il nesso causale tra l'esposizione all'amianto e la malattia che aveva portato al suicidio del dipendente.
La testimonianza dei colleghi e la consulenza tecnica avevano confermato l'esposizione all'amianto durante il periodo lavorativo presso il Deposito Locomotive.
Anche se il consulente aveva considerato possibile una esposizione durante il servizio militare, non erano prove concrete tali da superare la probabilità qualificata richiesta per accertare il nesso causale in ambito lavorativo.
Da un lato, infatti, l'esposizione all'amianto presso il Deposito Locomotive era indicata come certa, mentre quella durante il servizio militare solo come possibile.
Dall'altro, non risultava rilevante il fatto che il suicidio, a distanza di alcuni mesi dalla diagnosi, facesse ritenere tale gesto soltanto concausato dall'infausta notizia e dall'esito della malattia, in ragione della multifattorialità delle patologie psichiche e, quindi, anche del gesto suicidiario.
Ciò, in ogni caso, non faceva venire meno il nesso di causalità fra l'esposizione all'amianto e l'evento.
Il Tribunale ha stabilito la responsabilità del datore di lavoro per non aver adottato tutte le misure di sicurezza necessarie per prevenire l'esposizione all'amianto, violando così l'art. 2087 c.c. sulla tutela delle condizioni di lavoro.
Articolo, quest'ultimo, che espressamente dispone:
La società resistente, del resto, non aveva dimostrato di aver fornito adeguati dispositivi di protezione individuale o di aver preso altre misure per ridurre il rischio.
Essendo stato accertato che il danno era stato causato dalla nocività dell'attività lavorativa per esposizione all'amianto, era onere del datore di lavoro provare di avere adottato le misure generiche di prudenza necessarie alla tutela della salute dal rischio espositivo secondo le conoscenze del tempo di insorgenza della malattia.
Nel caso in esame, per contro, era emerso chiaramente, dalle testimonianze in atti, che nessun presidio era stato apprestato per la riduzione delle polveri di amianto che si liberavano nell'aria con le lavorazioni, né mezzi di protezione individuali, né impianti strutturali.
Il giudice ha riconosciuto come dovuto il risarcimento del danno non patrimoniale subito, suddiviso in danno biologico temporaneo e danno morale catastrofale.
La liquidazione è stata effettuata secondo i criteri delle tabelle del Tribunale di Milano, tenendo conto della durata della malattia e della sofferenza del deceduto.
Il Tribunale ha riconosciuto anche un risarcimento per danno iure proprio ai familiari del deceduto, basato sulla qualità e intensità delle relazioni affettive con la vittima.
Il Tribunale, in definitiva, ha ritenuto fondata la richiesta dei ricorrenti, accertando il nesso causale tra l'esposizione all'amianto e la malattia del dipendente, e condannando la società al risarcimento dei danni non patrimoniali, nonché al pagamento delle spese processuali.
Sintesi del Caso | Il caso riguarda un ex dipendente delle Ferrovie dello Stato che ha lavorato presso il Deposito Locomotive dal 1969 al 1992, durante il quale è stato esposto all'amianto. Nel 2020 gli è stato diagnosticato un mesotelioma pleurico e successivamente si è suicidato. I familiari hanno richiesto un risarcimento per danno non patrimoniale. |
Questioni Dibattute | La questione principale è se esista un nesso causale tra l'esposizione all'amianto durante l'attività lavorativa del dipendente e il mesotelioma pleurico che ha portato al suo suicidio. Inoltre, si discute sulla responsabilità del datore di lavoro per non aver adottato adeguate misure di sicurezza per prevenire l'esposizione all'amianto. |
Soluzione del Tribunale | Il Tribunale ha riconosciuto il nesso causale tra l'esposizione all'amianto, la malattia del dipendente e il conseguente decesso. Ha stabilito la responsabilità del datore di lavoro per non aver adottato le misure di sicurezza necessarie, condannandolo al risarcimento per danno non patrimoniale e ulteriori somme per danno iure proprio ai familiari. |
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