Richiamata, dalla Cassazione, la recente sentenza della Consulta in tema di Imu prima casa: diritto all’esenzione per ciascuna abitazione principale delle persone sposate o in unione civile.
Con ordinanza n. 2747 del 30 gennaio 2023, la Corte di cassazione ha confermato la decisione con cui la CTR aveva dato ragione a un contribuente, oppostosi ad un avviso di accertamento Imu in relazione ad un immobile di sua proprietà.
Secondo la Commissione Tributaria Regionale, egli aveva dimostrato che l’abitazione in oggetto costituiva la “casa familiare” attraverso l’allegazione del decreto presidenziale con il quale era stata disposta la sua assegnazione, in sede di separazione, alla moglie perché vi vivesse unitamente ai figli.
Il Comune si era rivolto alla Cassazione deducendo, in primo luogo, vizio di motivazione, in quanto la CTR non aveva considerato che il decreto di separazione dei coniugi era stato emesso nel 2019 mentre l’avviso di accertamento per Imu si riferiva all’anno 2013.
Tale doglianza è stata giudicata infondata dagli Ermellini, posto che la motivazione resa dai giudici regionali era congrua sul piano logico-formale: il contribuente aveva dimostrato che l’abitazione in oggetto costituiva la “casa familiare” attraverso l’allegazione del decreto presidenziale in parola, con ciò evidentemente presumendo che fino ad allora fosse stata impressa quella destinazione all’immobile.
E infondato, in tale contesto, è stato ritenuto anche il secondo motivo di rilievo dell'Ente comunale, volto a denunciare una violazione ed errata applicazione delle norme di diritto, per non avere, la CTR, considerato che non potrebbe essere riconosciuta alcuna agevolazione se i coniugi risiedono in immobili situati in comuni diversi.
Sul punto, gli Ermellini hanno richiamato il recente intervento chiarificatore con cui la Corte costituzionale (sentenza n. 209/2022) ha dichiarato illegittimo l’articolo 13, comma 2, quarto periodo, del Decreto-legge n. 201/2011 là dove, parlando di "nucleo familiare", finisce per penalizzare quest'ultimo, in contrasto con gli articoli 3, 31 e 53 della Costituzione.
Secondo la Consulta, ossia, risulta discriminatorio, ai fini dell'esenzione Imu sulla prima casa, non ritenere sufficiente - per ciascun coniuge o persona legata da unione civile - la residenza anagrafica e la dimora abituale in un determinato immobile, rispetto ai conviventi di fatto i quali, in presenza delle medesime condizioni, si vedono invece accordato, per ciascun rispettivo immobile, il suddetto beneficio.
Riconosciuto, quindi, il diritto all’esenzione per ciascuna abitazione principale delle persone sposate o in unione civile, la Corte ha comunque ritenuto opportuno chiarire che la dichiarazione di illegittimità costituzionale in esame non ha l’effetto di allargare l’esenzione alle “seconde case” delle coppie unite in matrimonio o in unione civile: laddove queste abbiano la stessa dimora abituale (e quindi principale) l’esenzione spetta una sola volta.
In tale contesto, spetta ai comuni e delle altre autorità preposte l'effettuazione di adeguati controlli, controlli che la legislazione vigente consente in termini senz’altro efficaci.
Nel caso in esame, tuttavia, non risultava che il Comune avesse dedotto alcunché in ordine a tale ultimo profilo né che avesse chiesto di essere a tal fine rimesso in termini alla luce della citata sopravvenienza, di tal ché il motivo in esame non meritava di essere accolto.
Ai sensi dell'individuazione delle modalità semplificate per l'informativa e l'acquisizione del consenso per l'uso dei dati personali - Regolamento (UE) n.2016/679 (GDPR)
Questo sito non utilizza alcun cookie di profilazione. Sono invece utilizzati cookie di terze parti legati alla presenza dei "social plugin".