Con sentenza n. 17386 depositata il primo settembre 2015, la Corte di Cassazione, prima sezione civile, ha respinto il ricorso di un soggetto, cui era stata negata la richiesta di esdebitazione, avanzata dopo la chiusura del suo fallimento per definitiva ripartizione dell'attivo.
Secondo i giudici di merito, infatti, benché sussistessero tutti i requisiti soggettivi, la domanda di esdebitazione non poteva trovare accoglimento, data l'esigua percentuale di creditori soddisfatti (un pagamento complessivo di circa 57 mila euro a fronte di un passivo di oltre 3 milioni di euro), con maggior sacrificio per i creditori chirografari.
Avverso la pronuncia, il debitore lamentava come i giudici di merito avessero negato l'esdebitazione, sulla base di valutazioni del tutto estranee al dettato normativo dell' art. 142 Legge fall., destinato, invece, a favorire il fallito onesto ma sfortunato, a prescindere da qualsiasi accertamento sull'entità dei pagamenti ottenuti dai creditori concorsuali.
Nel respingere la censura, la Cassazione ha precisato che in realtà, il menzionato art. 142 esclude espressamente (al secondo comma) il beneficio dell'esdebitazione, laddove non siano stati soddisfatti, neppure in parte, i creditori concorsuali. Ed il concetto di "soddisfazione" almeno parziale cui la norma si riferisce, è rimesso alla valutazione discrezionale del giudice, quanto alla portata effettivamente satisfattiva della ripartizione.
Sicchè, nel caso di specie, non è censurabile la valutazione discrezionalmente operata dai giudici – ai fini dell'esclusione del beneficio ex art. 142 Legge Fall. - di comparazione tra i pagamenti effettuati dal debitore e la somma complessivamente dovuta.
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