Tra i debiti esclusi dall’esdebitazione ai sensi dell’articolo 142 della Legge fallimentare (Regio decreto n. 267/1942) non è menzionato il debito previdenziale.
E’ infatti infondata la prospettazione secondo cui il debito verso gli enti previdenziali rientrerebbe nei “rapporti estranei all’esercizio dell’impresa”, ai sensi della lettera a) del 3° comma dell’articolo 142 citato, sull’assunto che il rapporto previdenziale sorge “in occasione” del rapporto di lavoro ed è estraneo ad ogni scelta imprenditoriale e comunque volontaristica del datore di lavoro.
I debiti previdenziali, per contro, sono strettamente collegati all’esercizio dell’impresa e della stessa costituiscono necessaria conseguenza.
L’articolo 142, 3° comma lettera a) Legge fallimentare, difatti, nella parte che dispone l’esclusione dall’esdebitazione per gli obblighi derivanti da rapporti estranei all’esercizio dell’impresa, va letta nel senso di individuare l’area oggettiva dell’esclusione come relativa ai debiti personali non assunti per l’esercizio dell’impresa.
La stessa formula adottata nel testo della disposizione, in cui si parla di “estraneità”, priva di significato ogni tentativo di ricomprendere nell’ambito dell’esclusione i cosiddetti debiti involontari, come quelli previdenziali.
E’ quanto perentoriamente precisato dalla Corte di cassazione nel testo della sentenza n. 4844 depositata l’11 marzo 2016 e con la quale è stato respinto il ricorso avanzato dall’INPS contro la decisione con cui i giudici di merito avevano ritenuto che l’esdebitazione del socio illimitatamente responsabile di una Snc operasse anche per i debiti previdenziali.
In particolare, è stata disattesa l’interpretazione offerta dall’Istituto previdenziale secondo la quale l’esdebitazione - il beneficio, ossia, della liberazione dai debiti residui nei confronti dei creditori concorsuali - non potesse trovare applicazione per il recupero della contribuzione obbligatoria.
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