La maggiore quota contributiva a carico del lavoratore, derivante dall’errata applicazione del massimale contributivo ex art. 2, co. 18 della L. n. 335/1995, costituisce un’integrazione di contributi obbligatori per legge, a suo tempo non versati, deducibili ai sensi dell’art. 10, co. 1, lett. e) del TUIR. Per gli ex dipendenti sarà possibile dedurre la quota di contributi oggetto di diffida con il mod. 730 (rigo E21) e tale deduzione sarà supportata da una CU emessa dall’ex datore con annotazione con “codice ZZ” che ricostruisca la contribuzione a carico del dipendente.
A specificarlo è l’Agenzia delle Entrate, con la Risposta n. 117 del 15 marzo 2022.
Nel caso in questione, il lavoratore fa presente che l’INPS ha notificato al suo ex datore di lavoro diffida per "recupero contributi da eccedenza massimale" con riferimento alle annualità 2015, 2016 e 2017. Dunque, l'ex datore di lavoro è stato invitato a sanare, su richiesta dell'INPS, l'omissione contributiva derivante dalla mancata comunicazione da parte del lavoratore dell'esistenza "di periodi utili o utilizzabili ai fini dell'anzianità contributiva antecedenti il 1° gennaio 1996".
Sul punto, il lavoratore precisa che, con riferimento alla sua posizione previdenziale:
Infatti, ricorda l’Agenzia delle Entrate, per coloro che vantano anzianità contributiva già maturata in forme pensionistiche obbligatorie entro il 31 dicembre 1995 (cd. " vecchi iscritti"), il citato massimale annuo non trova applicazione con la conseguenza che l'intera retribuzione imponibile viene assoggettata a contribuzione previdenziale.
Ora, atteso che l'errata applicazione del massimale contributivo deriva dalla dichiarazione resa dallo stesso lavoratore che non ha correttamente comunicato all'ex datore di lavoro la sua posizione contributiva rispetto al termine del "1° gennaio 1996", il lavoratore è tenuto a riversare all'ex datore di lavoro i contributi a suo carico, anticipati dall'ex datore di lavoro in base a quanto previsto dalla citata legge n. 335 del 1995.
Ciò posto, il lavoratore chiede chiarimenti in merito alle modalità con cui procedere alla restituzione dei contributi per la quota a suo carico e alla eventuale deducibilità di quest'ultimi, trattandosi di contributi obbligatori per legge.
L’Agenzia delle Entrate ha chiarito che la deducibilità della quota del lavoratore è garantita dall’art. 10, co. 1, lettera e) del TUIR, che consente di dedurre dal reddito fiscalmente imponibile:
La deducibilità andrà osservata secondo il principio di cassa, senza guardare ai periodi “di competenza” dei contributi oggetto di diffida, né a quello in cui il datore effettui il pagamento all’INPS, ma con esclusivo riguardo al momento in cui l’ex lavoratore ne sosterrà l’esborso.
Rispetto alle causali di deduzione, l’Agenzia riconduce l’onere deducibile alla contribuzione obbligatoria, trattandosi di un’integrazione della contribuzione mensilmente a carico del lavoratore. Per gli ex dipendenti sarà possibile dedurre la quota di contributi oggetto di diffida con la dichiarazione reddituale (rigo E21 del modello 730) e tale deduzione sarà supportata da una Cu emessa dall’ex datore con annotazione con codice ZZ che ricostruisca la contribuzione a carico del dipendente.
Questa risposta fa ritenere che, nell’ipotesi in cui il recupero contributivo riguardi lavoratori in forza, in applicazione dell’art. 51, co. 2, lettera a) del TUIR, la deduzione possa avvenire direttamente in busta paga analogamente a quanto accade per la contribuzione corrente. Anche in questo caso andrà specificato con una annotazione dedicata nella CU la quota di contributi riferita alle annualità pregresse.
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