Risponde di accesso abusivo a sistema informatico il coniuge che entra nel profilo FB della moglie essendo a conoscenza delle password.
E' stata confermata la condanna penale per accesso abusivo a sistema informatico impartita ad un uomo che era entrato nel profilo Facebook della moglie grazie al nome utente e alla password utilizzati dalla donna, a lui noti da prima che la loro relazione entrasse in crisi.
L'imputato, accedendo con le credenziali della coniuge, aveva fotografato una chat che la stessa aveva intrattenuto con un altro uomo (da lui poi prodotta nel giudizio di separazione giudiziale) ed aveva cambiato la password, così da impedire alla persona offesa di accedere al social network.
I giudici di Cassazione, con sentenza n. 2905 del 22 gennaio 2019, nel confermare la penale responsabilità dell'uomo, si sono soffermati sul tema, posto dal ricorrente, della eventuale valenza, a suo discarico, dell'avvenuta comunicazione delle credenziali da parte della moglie, prima dell'incrinarsi del loro rapporto.
La Suprema corte, sul punto, ha richiamato quanto già affermato in sede di legittimità in un caso del tutto analogo (di cui alla sentenza n. 52572/2017): il fatto che il ricorrente fosse a conoscenza delle chiavi di accesso della donna al sistema informatico - quand'anche fosse stata quest'ultima a renderle note e a fornire, così, in passato, un'implicita autorizzazione all'accesso – non escludeva, comunque, il carattere abusivo degli accessi.
Attraverso questi accessi, infatti, era stato ottenuto un risultato certamente in contrasto con la volontà della persona offesa nonché esorbitante rispetto a qualsiasi ambito autorizzatorio del titolare, ovvero, nella specie, la conoscenza di conversazioni riservate e l'estromissione dall'account.
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