Emendamento affitto d’azienda. Ungdcec su parere antimafia: non siamo di parte

Pubblicato il 07 giugno 2019

“I giovani commercialisti rivendicano il ruolo di garanti della fede pubblica e di sostengono alla pa”, così il presidente Ungdcec, Virgillito, in merito alle dichiarazioni del procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho che critica l’emendamento al decreto Crescita sull’inclusione dell’affitto d’azienda fra le competenze di commercialisti e avvocati.

Censurabili le parole del procuratore “quando, commentando il nostro operato, ci definisce ‘strutturalmente di parte e sottratti ai controlli dello Stato’”.

Ungdcec: il principio da combattere è la diversa permeabilità morale

Nuovo tentativo fallito per l’emendamento al decreto crescita che, stavolta, vedeva un allargamento a commercialisti e avvocati dei soli affitti d’azienda per tutte le tipologie di impresa.

L’Unione nazionale giovani dottori commercialisti ed esperti contabili, con il comunicato stampa del 6 giugno 2019, bolla come: “Riduttivo definire il ruolo dei Dottori Commercialisti meramente ‘di parte’, in considerazione che nel quotidiano siamo oberati da funzioni di ‘garanzia’, come ad esempio, per gli adempimenti connessi all’antiriciclaggio e privacy”.

Dunque, il parere negativo della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo sull’emendamento fa arrabbiare l’Ungdcec: “L’emendamento ha il pregio di riconoscere il ruolo di terzietà e di garanzia della fede pubblica – sottolinea Virgillito - che i commercialisti, nell’agire quotidiano, assumono nel determinante ruolo di sostegno e supporto della PA, assumendosi gli oneri (evidentemente senza vedere riconosciuti gli onori) di garanti dello Stato correndo spesso smisurati rischi professionali e personali”.

Il presidente Ungdcec ricorda che il decreto ministeriale 160 del 9 settembre 2013, “con l’istituzione dell’albo degli amministratori giudiziari riconosce, a commercialisti e avvocati, la piena terzietà rafforzandone, tra l’altro, proprio il ruolo di garanti della fede pubblica. Se, come ausiliari del giudice, possiamo vendere immobili e aziende è inspiegabile che da liberi professionisti non possiamo agire con le stesse riconosciute qualità morali”.

E, sempre il presidente dell’Unione giovani commercialisti, chiosa: “doveroso scongiurare palesi contraddizioni che nulla hanno di logico e concreto e che non fanno altro che far scivolare le professioni ordinistiche verso un baratro".

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