Edificazione in zona vincolata. Annullamento concessione, non è vizio occulto

Pubblicato il 28 novembre 2017

Se l’annullamento di una concessione edilizia in autotutela, da parte del Comune, è stato determinato dalla mancata previa adozione, nel terreno, di un piano particolareggiato di iniziativa pubblica o privata (necessario per il rilascio del titolo edilizio medesimo, nell’ambito territoriale “Zona FAG – agroturistica”), non è esperibile l’azione risarcitoria, da parte dei compratori del terreno, ancorata all’esistenza di un vincolo non apparente, vizio o mancanza di qualità promesse.

Così, la Corte di Cassazione, seconda sezione civile, ha respinto la domanda risarcitoria degli acquirenti di un terreno, per il quale i venditori avevano dapprima ottenuto la concessione ad edificare fabbricati rurali (a condizione, tuttavia, che il terreno fosse destinato a determinate colture agricole). Concessione poi annullata dal Comune in fase di autotutela; per cui la richiesta per danni.

Niente risarcimento per vizi o mancanza di qualità promesse

Secondo i giudici Supremi, nella specie, è corretta la statuizione della Corte d’appello, laddove ha escluso che l’azione risarcitoria (o quella subordinata di riduzione del prezzo) potesse fondarsi sull’esistenza di un vizio o sulla mancanza di qualità promesse. Invero, al momento del contratto definitivo di compravendita, il terreno risultava senz’altro edificabile – come provato dal certificato rilasciato dal Comune – non essendo tale natura preclusa dalla circostanza che l’edificazione rinvenisse il suo presupposto nell’adozione di un piano particolareggiato di iniziativa pubblica o di lottizzazione privata. E ciò in considerazione del fatto che, una volta osservate le specifiche prescrizioni in materia urbanistica, nulla avrebbe ostato alla possibilità di realizzare i fabbricati.

Rispetto di prescrizioni urbanistiche, non è vincolo di inedificabilità

D’altra parte – si legge ancora nella sentenza n. 28228 del 27 novembre 2017 – l’adozione del piano particolareggiato quale presupposto per l’edificazione, non si pone come onere o vincolo di inedificabilità (o vizio occulto, come erroneamente sostenuto dagli odierni ricorrenti). Esso non risulta imposto, difatti, da un atto amministrativo di carattere particolare, ma dalla stessa condizione urbanistica della zona ove il terreno è ricompreso, secondo la disciplina di pianificazione territoriale; come tale, ben conoscibile dalla stessa parte acquirente. E’ quindi da escludersi che possa venire in rilievo la disciplina di evizione qualitativa ex art. 1489 c.c. come pure quella di vizio o mancanza di qualità della cosa compravenduta, tutte basate sull’inesatto presupposto dell’inedificabilità del terreno.

 

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