Il 5 dicembre 2017, i 28 Stati membri dell’Unione europea, dopo due anni di lavori e trattative, hanno trovato un accordo sui cosiddetti “paradisi fiscali”.
Il report depositato all'Ecofin evidenzia due liste: una lista nera dei paesi non fiscalmente cooperativi senza ombra di dubbio ed una lista grigia dei paesi, invece, non in linea con gli standard europei, ma comunque cooperativi.
I Paesi che sono rientrati nelle suddette due liste sono stati selezionati prendendo in considerazione tre differenti criteri:
Il confronto tra i Membri della Ue non è stato semplice; spesso si è dovuto trovare un compromesso per non andare contro gli interessi nazionali dei singoli governi. La lista iniziale dei paesi non collaborativi era di 92 giurisdizioni fiscali, che si sono poi ridotte proprio a seguito dell'impegno preso nella direzione della cooperazione. Molti Paesi, infatti, che sembravano rientrare nell'elenco sono stati indotti a promettere misure di trasparenza.
Non vi è stato, invece, accordo tra i 28, sull'opportunità di adottare fin da ora sanzioni nazionali contro le società europee che hanno rapporti con queste giurisdizioni.
La lista nera si compone di 17 giurisdizioni non fiscalmente collaborative. Si tratta di quei Paesi che non hanno risposto alle lettere inviate dalla Commissione a gennaio 2017 oppure di quelli che non hanno intrapreso la strada per migliorare i loro regimi fiscali non compliance. In particolare, il Gruppo del codice di condotta ha rilevato rispetto a questi Paesi le seguenti carenze: l'assenza dello scambio automatico di informazioni, la non applicazione degli standard minimi dei Beps, la non ratificazione della Convenzione multilaterale sull'assistenza amministrativa dell'Ocse, la presenza di regimi fiscali dannosi, la non appartenenza al Global forum sulla trasparenza, lo scambio di informazioni per fini fiscali e la presenza di strutture offshore sul territorio.
Fanno parte di questa lista di Paesi non collaborativi, piccole giurisdizioni come Macao e le isole Marshall, ma anche Paesi con cui la UE ha firmato accordi commerciali (Corea del Sud) o intrattiene stretti legami politici (Tunisia); oppure altri che sono cruciali investitori finanziari, come gli Emirati Arabi Uniti, e alcuni che risultano relativamente poveri, come la Mongolia.
Fanno parte della lista grigia 47 Paesi, che hanno promesso misure di trasparenza. Si tratta, infatti, di 47 giurisdizioni identificate come fiscalmente non in linea con gli standard fiscali europei, ma che hanno instaurato un “dialogo costruttivo con l'Ue” e, per tale ragione, sono state giudicate come paesi cooperativi.
Queste giurisdizioni si sono impegnate a migliorare i regimi fiscali nazionali entro la fine del 2018 o, nel caso di paesi in via di sviluppo, entro il 2019.
Nello specifico, i paesi della lista grigia sono stati suddivisi in tre sottocategorie, in base agli impegni che hanno preso.
Anche la Svizzera si trova sulla cosiddetta Watch List, che comprende paesi che si sono impegnati a modificare, su pressione dell'UE, la propria legislazione fiscale.
Le giurisdizioni di tale lista, infatti, si sono incaricate a:
Compito del Gruppo del codice di condotta, si legge nel documento conclusivo, è quello di “monitorare che gli impegni presi dai singoli stati saranno implementati nella pratica e che continui il dialogo costruttivo iniziato”.
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