La Corte di cassazione torna sull’applicazione del minimale contributivo ribadendo che non può essere parametrato in misura inferiore alle ore minime previste del contratto.
La vicenda trae origine a seguito della sentenza della Corte d’Appello di Venezia, che riformava parzialmente quando stabilito dal giudice di prime cure, accertando che i contributi e i premi dovuti dal datore di lavoro dovevano essere calcolati in virtù della c.d. contribuzione virtuale per i contratti a tempo parziale stipulati in numero superiore alla quota massima percentuale fissata dal CCNL Edilizia artigianato.
Secondo gli Ermellini - ordinanza n. 29413/2022 - le doglianze del datore di lavoro non possono intendersi fondate e ribadiscono che l’istituto del minimale contributivo, previsto dall’art. 29, D.L. n. 244/1995, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 341/1995, trova applicazione anche nell’ipotesi in cui siano stati conclusi contratti part-time in eccedenza rispetto al limite previsto da una disposizione del contratto collettivo applicabile.
In particolare, secondo la predetta disposizione normativa, la base di calcolo dei contributi previdenziali non può essere inferiore alla retribuzione che ai lavoratori di un determinato settore dovrebbe essere corrisposta in applicazione dei contratti collettivi stipulati dalle associazioni sindacali più rappresentative su base nazionale. Tale regola è, come da costante orientamento giurisprudenziale, espressione del principio di autonomia del rapporto contributivo rispetto all’obbligazione retributiva, sicché l’obbligo contributo ben può essere parametrato ad un importo superiore rispetto a quanto effettivamente corrisposto dal datore di lavoro.
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