E’ riconosciuta la “scrittura”, se non viene presa in esame l’istanza di verificazione
Pubblicato il 31 gennaio 2015
Si considera
“riconosciuta” la
scrittura ricognitiva di un debito, prodotta da un avvocato nel corso di un giudizio volto ad ottenere il pagamento del proprio compenso professionale, se l
’istanza di verificazione da egli regolarmente proposta
per attestare l’autenticità di detto documento,
non sia stata presa in esame.
E’ quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, sesta sezione civile, con
ordinanza n. 1776 depositata il 30 gennaio 2015, con cui è stato accolto il ricorso presentato da un avvocato, affinché gli eredi di un suo cliente defunto, fossero condannati al pagamento del proprio compenso, per aver svolto una articolata attività di assistenza e consulenza legale stragiudiziale.
A corredo della propria domanda, il ricorrente produceva una
scrittura ricognitiva di debito attribuibile al
de cuius, di cui gli
eredi, tuttavia,
disconoscevano l’autenticità.
La Cassazione, mediante la pronuncia in esame, ha
accolto la domanda dell’avvocato sull’assunto che lo stesso,
a fronte del disconoscimento del documento da parte dei convenuti,
avesse regolarmente presentato istanza di verificazione sia in primo che in secondo grado,
senza tuttavia trovare alcun riscontro.
In particolar modo – ha sottolineato la Cassazione – la Corte d’Appello aveva dapprima riconosciuto la ritualità e necessità dell’istanza in questione, ma poi non aveva dato seguito al relativo subprocedimento.