Il commercialista, per suo dovere professionale, non deve accettare proposte dei clienti dirette ad evadere la normativa di settore.
E’ quanto affermato dalla Corte di cassazione nell’ordinanza n. 29846 del 20 novembre 2018.
Il ricorso in cassazione è stato proposto dal commercialista contro la pronuncia della Corte d'appello di Firenze, che aveva disposto la responsabilità del professionista al 50% con la società cliente, la quale aveva deliberatamente deciso di non pagare i contributi dei lavoratori per i giorni di assenza non retribuita.
Nell’ordinanza 29846/20108, i giudici della Suprema Corte evidenziano come la Corte d’appello ha ritenuto che il professionista non avrebbe dovuto accettare la proposta della società cliente, che voleva conteggiare i contributi previdenziali secondo modalità contrarie alla legge.
In particolare, avrebbe dovuto “decisamente rifiutare, proprio in adempimento al suo dovere di diligenza professionale che gli impone il rispetto della normativa cogente di settore rientrante nella sua specifica competenza".
Inoltre, accettando quanto proposto dal cliente, il professionista ha posto in essere un atto di inadempimento all'incarico conferitogli, assumendone ogni collegata responsabilità risarcitoria.
La Corte di cassazione ricorda come le obbligazioni riguardanti l’attività professionale sono obbligazioni di mezzi e non di risultato: infatti il professionista si impegna a prestare la propria opera per raggiungere il risultato desiderato, ma non a conseguirlo.
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