L’elemento soggettivo del reato di occultamento o distruzione di documenti contabili è costituito dal dolo.
Per la punibilità del reo, ossia, occorre che il soggetto agente abbia coscienza e volontà, non solo di occultare o distruggere i documenti contabili, ma anche dell’idoneità “impeditiva” della sua condotta alla ricostruzione dei redditi o del volume d’affari.
La norma di cui all’articolo 10 del Decreto legislativo n. 74/2000 richiede, altresì, il dolo specifico di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, di conseguire indebiti rimborsi ovvero di consentire l’evasione a terzi.
Dette ultime finalità, in relazione alla natura di reato di pericolo della presente fattispecie, non richiedono, poi, la necessaria realizzazione di questo obiettivo essendo sufficiente, per la presenza del dolo, che la condotta sia così orientata.
In ogni caso, è necessario che la presenza del dolo specifico sia oggetto di una specifica valutazione, non potendo lo stesso essere presunto, in modo automatico, sulla base della sola avvenuta realizzazione dell’elemento oggettivo del reato, dovendo essere dedotto e valutato sulla base della complessiva condotta del soggetto agente.
E’ quanto precisato dalla Corte di cassazione nel testo della sentenza n. 15900 depositata il 18 aprile 2016.
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