Se i coniugi, in sede di divorzio, abbiano convenuto di definire i propri rapporti economici in un’unica soluzione, attribuendo al coniuge che abbia diritto alla corresponsione dell’assegno periodico una determinata somma di denaro o altre utilità, il cui valore, nella sentenza che pronuncia lo scioglimento del matrimonio, venga ritenuto equo, tale attribuzione, indipendentemente dal nomen iuris che gli ex coniugi le abbiano dato nelle loro pattuizioni, deve ritenersi adempitiva di ogni obbligo di sostentamento nei confronti del beneficiario.
Conseguentemente, si deve escludere che quest’ultimo possa poi avanzare, successivamente, ulteriori pretese di contenuto economico e, in particolare, che possa essere considerato, all’atto del decesso dell’ex, titolare dell’assegno di divorzio, avente, come tale, diritto di accedere alla pensione di reversibilità o (in concorso con il coniuge superstite) a una sua quota.
E’ questo il principio di diritto riaffermato dalla Corte di cassazione nel test della sentenza n. 9054 del 5 maggio 2016.
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