Distacco, attuata la Direttiva UE sulle prestazioni di servizi

Pubblicato il 11 settembre 2020

Il Consiglio dei Ministri n. 63, tenutosi giovedì 10 settembre 2020, su proposta del Ministro per gli affari europei e del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, ha approvato, in esame definitivo, un decreto legislativo di attuazione della Direttiva (UE) 2018/957 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 giugno 2018, recante modifica della Direttiva 96/71/CE relativa al distacco dei lavoratori nell'ambito di una prestazione di servizi.

Distacco, obiettivo della Direttiva UE

Si rammenta che la Direttiva 96/71/CE è volta a tutelare i lavoratori distaccati in relazione alla libera prestazione dei servizi, stabilendo una serie di disposizioni obbligatorie riguardanti le condizioni di lavoro e la tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori.

Successivamente, per garantire uniformità è poi intervenuta la Direttiva 2014/67/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 15 maggio 2014, mentre la successiva Direttiva UE 2018/957 ha apportato una serie di modifiche alla stessa.

Distacco, finalità delle nuove norme

L’obiettivo delle nuove norme è quello di adeguare l’ordinamento nazionale a quello europeo nel settore del distacco transnazionale dei lavoratori e di limitare quindi il dumping sociale e salariale. Si mira a rafforzare la parità di trattamento tra lavoratori “locali” e lavoratori distaccati, attraverso la riaffermazione del principio per cui le imprese distaccatarie sono tenute a garantire ai lavoratori distaccati le medesime condizioni riconosciute ai dipendenti “interni”.

A tal fine viene ampliato l’elenco delle condizioni di lavoro e occupazione per cui si prevede l’applicazione della legge dello Stato membro ospitante, anche mediante l’inclusione della disciplina in tema di alloggio, indennità o rimborso spese in caso di trasferte o viaggi richiesti dalla società distaccataria.

Distacco, introdotta la “trasparenza retributiva”

Inoltre, in attuazione della Direttiva viene introdotta la “trasparenza retributiva” sulla cui base ciascuno Stato membro è obbligato a pubblicare in un unico sito web istituzionale, senza indebito ritardo e in maniera trasparente, le informazioni su tutte le condizioni di lavoro e di occupazione compresi gli elementi costitutivi della retribuzione.

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