La domanda per ottenere il trattamento di disoccupazione non presume la definitività del licenziamento e non è incompatibile con la volontà del lavoratore di impugnarlo.
Difatti, l’effetto estintivo del rapporto di lavoro che deriva dall’atto di recesso determina comunque lo stato di disoccupazione, fatto costitutivo del diritto alla prestazione su cui non incide la contestazione in sede giudiziaria della legittimità del licenziamento.
Ne discende che solo se poi venga dichiarato illegittimo il licenziamento e ripristinato il rapporto per effetto della reintegrazione, le indennità di disoccupazione potranno e dovranno essere chieste in restituzione dall’INPS, in quanto verrebbero meno i presupposti stessi della prestazione.
Ad ogni modo, le indennità corrisposte non potranno essere detratte dalle somme cui il datore è stato condannato ex Legge n. 300/1970.
Sono i principi richiamati dalla Corte di cassazione nel testo dell'ordinanza n. 17793 del 26 agosto 2020, pronunciata con riferimento ad una causa in cui si era verificata una situazione di disoccupazione all’esito della scadenza di un termine apposto in un contratto di lavoro.
Gli Ermellini, in particolare, hanno confermato la decisione con cui i giudici di merito avevano ritenuto che non fosse ostativo alla prestazione della disoccupazione il fatto della sopravvenuta sentenza con cui il Tribunale, nella controversia tra il datore e il prestatore, aveva dichiarato la nullità del termine contrattuale in oggetto, riconoscendo un rapporto a tempo indeterminato per lo stesso periodo.
In detto contesto, era intervenuta una transazione tra le parti che prevedeva la risoluzione del rapporto, la regolarizzazione previdenziale e l’erogazione di un importo a titolo di danno non patrimoniale.
Il lavoratore, ciò posto, non era mai stato reintegrato nel posto di lavoro, né aveva ricevuto spettanze retributive e ciò escludeva che l’indennità di disoccupazione potesse diventare indebita per il solo fatto di aver ottenuto una sentenza favorevole: nei confronti dell’INPS, infatti, si doveva avere riguardo alla transazione intercorsa e non alla sentenza.
Elemento ostativo alla percezione dell’indennità - si legge nella decisione - è infatti l’effettiva ricostituzione del rapporto di lavoro, nei suoi aspetti giuridici ed economici, ricostituzione che, nel caso in esame, non si era realizzata posto che il lavoratore non era mai stato reintegrato e che per il periodo in contestazione non aveva ricevuto le proprie spettanze retributive.
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