E’ un diritto per l’adottato - raggiunti i 25 anni di età o la maggiore età, se sussistono gravi e comprovati motivi attinenti alla sua salute psico-fisica - quello di conoscere le proprie origini accedendo alle informazioni concernenti, non solo l'identità dei propri genitori biologici, ma anche quella delle sorelle e fratelli biologici adulti.
Questo, “previo interpello di questi ultimi mediante procedimento giurisdizionale idoneo ad assicurare la massima riservatezza ed il massimo rispetto della dignità dei soggetti da interpellare”, al fine di acquisirne il consenso all'accesso alle informazioni richieste o di constatarne il diniego, da ritenersi impeditivo dell'esercizio del diritto.
E’ questo il principio di diritto enunciato dalla Corte di cassazione, Prima sezione civile, nel testo della sentenza n. 6963 del 20 marzo 2018 e con il quale la medesima ha aderito ad un’interpretazione estensiva della previsione di cui all'articolo 28, comma 5, della Legge n. 184/1983 ai sensi della quale “l’adottato, raggiunta l’età di venticinque anni, può accedere a informazioni che riguardano la sua origine e l’identità dei propri genitori biologici".
Si tratta di un'interpretazione costituzionalmente e convenzionalmente orientata della norma, con la quale viene valorizzato il richiamo testuale al diritto di accedere alle informazioni sulla propria origine in modo da includervi, oltre ai genitori biologici, in particolare nell'ipotesi in cui non sia possibile risalire ad essi, anche i più stretti congiunti come i fratelli e le sorelle ancorché non espressamente menzionati dalla norma.
Per il Supremo Collegio, “la natura del diritto e la funzione di primario rilievo nella costruzione dell'identità personale che viene riconosciuta alla scoperta della personale genealogia biologico-genetica, induce ad accogliere tale interpretazione estensiva”.
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