Il social network “Facebook” non è inquadrabile nel concetto di stampa.
Facebook, infatti, è un servizio di rete sociale, “basato su una piattaforma software scritta in vari linguaggi di programmazione, che offre messaggistica privata ed instaura una trama di relazioni tra più persone dello stesso sistema”.
Pertanto, in caso di contestata diffamazione attraverso il medesimo strumento, non può ritenersi applicabile l’aggravante appunto “a mezzo stampa” di cui all’articolo 13 della Legge sulla stampa.
E’ quanto evidenziato dalla Cassazione nel testo della sentenza n. 4873 depositata il 1° febbraio 2017.
Nel caso di specie, la Corte di legittimità ha ritenuto corretta la qualificazione giuridica del fatto compiuta dal giudice di merito nell’ambito di un processo penale in cui l’imputato era stato accusato per aver pubblicato sul proprio profilo Facebook un testo con il quale aveva offeso la reputazione di una persona, attribuendogli un fatto determinato tramite internet.
Il reato era stato qualificato come una diffamazione aggravata dalla sola circostanza dell’offesa recata mediante l’attribuzione di un fatto determinato con un qualunque mezzo di pubblicità (articolo 595, commi 2 e 3, del Codice penale), escludendo l’applicazione della più grave aggravante di attribuzione di un fatto determinato con il mezzo della stampa.
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