La notifica dell’atto di appello eseguita al difensore dell’appellato che, nelle more del termine di impugnazione, si sia volontariamente cancellato dall'albo professionale, non è inesistente, bensì nulla per violazione dell’art. 330 comma 1 c.p.c. , in quanto indirizzata ad un soggetto non più abilitato a riceverla. La volontaria cancellazione dall'albo degli avvocati importa difatti per il professionista la simultanea perdita dello ius postulandi, tanto nel lato attivo, quanto in quello passivo.
Tale nullità della notifica – ove non sanata, con efficacia retroattiva, mediante sua rinnovazione ex art. 291 comma 1 c.p.c. o grazie alla volontaria costituzione dell’appellato – importa nullità del procedimento e della sentenza d’appello, ma non anche il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado. E ciò in quanto l’art. 301 comma 1 c.p.c. deve ricomprendere tra le cause di interruzione del processo, secondo interpretazione costituzionalmente conforme in funzione di garanzia del diritto alla difesa, anche l’ipotesi dell’avvocato che si sia volontariamente cancellato dall'albo.
Ne deriva, quale ulteriore conseguenza, che il termine di impugnazione non riprende a decorrere fino al venir meno della causa di interruzione o fino alla sostituzione del difensore volontariamente cancellatosi.
E’ quanto chiarito dalla Corte di Cassazione, Sezioni Unite civili, con sentenza n. 3702 depositata il 13 febbraio 2017.
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