E’ stata confermata dalla Corte di cassazione la condanna per dichiarazione infedele impartita alla legale rappresentante nonché socia accomandataria di una SAS, per aver indicato in dichiarazione elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo. Questo, con conseguente evasione di un’imposta pari ad oltre 195mila euro.
L’imputata aveva impugnato la statuizione resa in sede di appello, lamentando, tra gli altri motivi, una violazione di legge con riguardo all'applicazione dell'articolo 4 del D.Lgs. 74/2000, in quanto riferito ad una società in accomandita semplice.
Ossia, secondo la sua difesa, ai fini della rilevanza penale della condotta contestata, si sarebbe dovuto avere riguardo alla quota di reddito imputabile ai fini fiscali ai singoli soci e non alla intera compagine societaria. Ed era in tale prospettiva che, per la ricorrente, andava considerata anche la soglia di legge prevista per la punibilità del reato (fissata, si rammenta, in 150mila euro).
Tale assunto – a suo dire - discendeva dal fatto che si trattava di una società in accomandita semplice, in ordine alla quale, in quanto società di persone, i redditi prodotti, ai fini IRPEF, dovevano essere imputati a ciascun socio pro quota.
La soglia relativa alla dichiarazione infedele, in tale contesto, non era stata superata, atteso che la sua quota di partecipazione societaria era pari solo al 20%.
La Terza sezione penale della Cassazione, con sentenza n. 19228 del 7 maggio 2019, ha ritenuto detta specifica doglianza "manifestamente infondata".
Sul punto, i giudici di legittimità hanno evidenziato che, per l'applicazione della fattispecie in esame e, in particolare, per l'individuazione del soggetto responsabile, occorre esaminare l'articolo 1, comma 1, lett. c) ed e) del D.Lgs. n. 74/2000.
Quest’ultimo, nel definire i concetti rilevanti nell'ambito della predetta disciplina, precisa che:
Le norme incriminatrici, ovvero, trovano applicazione, oltre che in caso di coincidenza tra il soggetto attivo ed il contribuente persona fisica, anche nei confronti di chi opera nelle predette qualità.
Inoltre, la fattispecie esaminata non contiene alcuna distinzione o specificazione in ordine alle tipologie societarie a cui fa riferimento.
In definitiva, rispetto alla dichiarazione infedele presentata da chi amministra una società di persone e, più in particolare, dal socio accomandatario, è inevitabile una valutazione unitaria dell’imposta evasa, in quanto riguardante la società di riferimento cui inerisce la dichiarazione; valutazione, questa, che incide anche sulla verifica della soglia di punibilità.
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