E’ stata confermata, dalla Cassazione, la decisione di condanna per il reato di dichiarazione infedele, impartita ad un uomo per avere indicato nella dichiarazione dei redditi, al fine di evadere la relativa imposta, elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo.
L’imputato si era rivolto ai giudici di legittimità, lamentando, tra gli altri motivi, una violazione di legge riferita all'art. 13 D. Igs. n. 74/2000, in considerazione del mancato riconoscimento della causa di non punibilità ivi disciplinata, in presenza dell'integrale pagamento del debito tributario dovuto, completato, in conformità al piano di rateizzazione concordato con l'Agenzia delle Entrate.
Con sentenza n. 24589 del 31 agosto 2020, la Sezione Feriale Penale della Cassazione ha giudicato infondata tale doglianza, soffermandosi sulla speciale causa di non punibilità invocata dalla difesa del ricorrente, nella versione applicabile ratione temporis.
Ha così ricordato come il ravvedimento operoso, al quale è subordinata l'applicazione della causa di non punibilità per il delitto di dichiarazione infedele, deve intervenire prima che l'autore del reato abbia formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell'inizio di una qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali.
Con riferimento al caso in esame, gli Ermellini hanno sottolineato come anche se nella sentenza impugnata era stato dato atto dell'integrale pagamento del debito tributario, delle sanzioni e degli interessi connessi, risultava tuttavia che tale pagamento si era concluso a processo avviato.
Conseguentemente, poiché il pagamento del debito tributario non era intervenuto prima dell'apertura del dibattimento, la decisione del Tribunale di valorizzare l'integrale estinzione del debito quale condotta positivamente valutabile ai soli fini della applicazione delle circostanze attenuanti generiche, doveva ritenersi corretta.
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