Dichiarazione fraudolenta da interposizione fittizia di società estere

Pubblicato il 28 luglio 2017

Secondo la Corte di cassazione, integra il reato di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici la condotta di chi compia un’operazione consistente nel riversare la maggior parte dei ricavi realizzati dalla propria società su società estere, nella specie inglesi, appositamente costituite, di modo da abbattere gli elementi attivi della propria attività, con corrispondente riduzione di imposta.

L’operazione specificamente sottoposta all’attenzione dei giudici di legittimità era consistita nella creazione di un’apparenza negoziale, ossia di società di schermo alle quali la società italiana fatturava senza mai chiedere loro il pagamento.

La Suprema corte - sentenza n. 37422 del 27 luglio 2017 - ne ha sottolineato il carattere fraudolento ritenendo che la manovra posta in essere fosse sostanzialmente finalizzata a limitare o ad escludere del tutto i ricavi attraverso un falso impianto contabile che realizzava, di fatto, una simulazione.

Nella specie, si era realizzato quel quid pluris che caratterizza la fattispecie in esame, e che consente di attribuire all'elemento oggettivo una valenza di insidiosità, derivante dall’impiego di artifici idonei a fornire una falsa rappresentazione contabile e a costituire un ostacolo al suo accertamento.

Onere della prova: alla difesa la dimostrazione della minore entità delle tasse

Per quel che concerne l’onere probatorio, i giudici di legittimità hanno, in primo luogo, ricordato che incombe sull’accusa l’onere di dimostrare la sussistenza della fattispecie criminosa.

Tuttavia, a fronte della doglianza del ricorrente, il legale rappresentante della società italiana, secondo cui i giudici di merito avrebbero dovuto considerare il mancato superamento della soglia di punibilità per effetto della doppia tassazione, ovvero degli importi corrisposti a titolo di tributi al Fisco inglese, da scomputare, quindi, sulle imposte inevase in Italia, la Suprema corte ha precisato che incombe sulla difesa che, come nella specie, invochi la minore entità delle tasse, fornire la dimostrazione degli importi al riguardo versati in relazione alla affermata doppia tassazione.

Onere non assolto nel caso esaminato, nel contesto del quale non era stato dimostrato né il pagamento delle tasse al Fisco britannico né che le società estere in questione fossero soggetti di imposta.

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