Le modifiche apportate all’art. 73 del D.p.r. n. 309/1990 – ad opera del D.l. n. 146/2013 – mediante l’introduzione della fattispecie di cui al quinto comma, di “lieve entità”, non determinano l’effetto di superare l’automatismo della revoca della patente, ex art. 120 D.Lgs. n. 285/1992, quantomeno nei casi di detenzione e spaccio di droghe leggere.
A stabilirlo il Consiglio di Stato, Sezione terza, respingendo il ricorso di un soggetto avverso il provvedimento di revoca della patente disposto dalla Prefettura – U.T.G. e confermato dal Tar Lazio.
In altri termini – sostiene il Collegio amministrativo con sentenza n. 3673 del 26 luglio 2017 – quanto alla misura della revoca della patente quale conseguenza della perdita di “requisiti morali”, il legislatore ha ritenuto di non attribuire rilevanza alla diversa graduazione delle condotte come complessivamente delineate dal riformulato art. 73 D.p.r. n. 309/1990. Distinzione delle condotte che, evidentemente, rileva solo in sede penale e non anche in sede amministrativa, laddove la revoca consegue a qualsiasi condanna per le fattispecie di reato ex cit. art. 73.
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