Per la Corte di Cassazione (sentenza n. 3485 del 23 febbraio 2016) l'art. 2103 c.c., nella versione di testo antecedente alle modifiche introdotte dall'art. 3 del D.Lgs. n. 81/2015, consentiva all'imprenditore l'esercizio del potere conformativo della prestazione richiesta al lavoratore, al fine di adeguare l'organizzazione alle mutevoli esigenze dell'impresa, ma a condizione che l’adibizione fosse a mansioni equivalenti alle ultime effettivamente svolte.
Infatti, il citato articolo 2103 c.c., nel testo vigente, comminava la nullità di ogni patto contrario rispetto al divieto inderogabile di assegnare il lavoratore a mansioni inferiori, a differenza di quanto previsto dalla novella introdotta dal D.Lgs. n. 81/2015 che consente mutamenti in peius sia al potere unilaterale dell'imprenditore, anche abilitato dalla contrattazione collettiva, sia ad accordi individuali in sede protetta.
Sulla scorta di quanto sopra è stato riconosciuto illegittimo un demansionamento di alcuni lavoratori che, a causa di sopravvenute condizioni fisiche comportanti l'inidoneità alle mansioni precedentemente svolte, erano stati adibiti ad attività di pulizia, benché in precedenza avessero svolto attività di produzione, caratterizzate da specializzazioni operative e da specifiche professionalità, e senza che agli stessi venisse offerta la possibilità di possibili ricollocazioni in grado di salvaguardarne la professionalità in loro possesso.
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