Deliberata inosservanza di regole di servizio: sanzione ma niente recesso

Pubblicato il 14 dicembre 2022

Sospensione disciplinare e privazione della retribuzione ma niente licenziamento in capo al dipendente che abbia effettuato operazioni di vendita titoli, rimborsi ed accrediti su libretto di risparmio postale cointestato a un cliente deceduto, sulla base di disposizioni scritte a firma del predetto cliente ma successive al decesso del medesimo.

Con ordinanza n. 36209 del 12 dicembre 2022, la Corte di cassazione ha confermato la decisione con cui, in sede di merito, era stato dichiarato illegittimo il licenziamento disciplinare con preavviso irrogato nei confronti di un direttore di filiale.

Al dipendente era stato contestato di aver consentito l'esecuzione di operazioni di investimento e disinvestimento di prodotti finanziari in momenti successivi al decesso di colui che figurava come il nominale sottoscrittore e disponente del libretto.

Secondo la Corte d'appello, tale condotta, contraria alle “regole basilari esigibili dal direttore di filiale", non poteva integrare la fattispecie di cui al CCNL di riferimento, che puniva con il licenziamento con preavviso la condotta del lavoratore che, per irregolarità, trascuratezza o negligenza, ovvero inosservanza, determini pregiudizio alla sicurezza e alla regolarità del servizio con gravi danni alla società o a terzi, e neppure la fattispecie che sanzionava con il licenziamento con preavviso il dipendente “per comprovata incapacità o persistente insufficiente rendimento", atteso che i fatti addebitati non erano indice di incapacità bensì della consapevole scelta del dipendente di non attenersi alle regole di servizio.

A parere dei giudici di merito, la condotta contestata al dipendente e accertata come effettivamente posta in essere doveva essere ricondotta alla previsione del CCNL che puniva con la sanzione conservativa della sospensione e privazione della retribuzione per un massimo di dieci giorni il dipendente responsabile di “inosservanza di leggi o regolamenti o degli obblighi di servizio deliberatamente commessa, anche per procurare indebiti vantaggi a sé o a terzi, ancorché l'effetto voluto non si sia verificato e sempre che la mancanza non abbia carattere di particolare gravità, altrimenti sanzionabile”. Da qui la conseguente applicazione della tutela reintegratoria.

Nel respingere il ricorso avanzato dalla società datrice di lavoro contro tale ultima statuizione, la Suprema corte ha evidenziato come la sentenza impugnata fosse assolutamente coerente alla lettera e alla ratio della disposizione contrattuale in esame.

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