Processo tributario: la definizione agevolata della controversia (c.d. pace fiscale) comprende il pagamento delle spese processuali.
Queste, pertanto, restando a carico della parte che le ha anticipate, non devono essere liquidate dal giudice che dichiara l’estinzione del giudizio per cessata materia del contendere.
E’ quanto ricordato dalla Corte di cassazione nel testo dell’ordinanza n. 34848 del 17 novembre 2021, pronunciata nell’ambito di un giudizio fiscale riguardante l’impugnazione di un avviso di accertamento per Iva, Irpef e Irap proposta da una Sas.
Nel corso di tale giudizio, la società contribuente aveva presentato domanda di definizione agevolata della controversia tributaria ai sensi dell’art. 6 del Dl n. 119/2018, domanda risultata regolare in quanto si era provveduto a effettuare il pagamento di quanto dovuto.
L’Ufficio finanziario, ciò posto, aveva concluso formulando richiesta di estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere con compensazione delle spese di lite.
La CTR si era comunque pronunciata rigettando l’appello dell’Amministrazione finanziaria e di conseguenza quest’ultima si era rivolta ai giudici di Cassazione.
Nella fattispecie esaminata, non era stata presentata istanza di trattazione nei termini di legge né era stato notificato diniego alla definizione agevolata ma, anzi, l’Agenzia delle Entrate aveva comunicato la regolarità della definizione medesima, formulando richiesta di estinzione del giudizio per cessata materia del contendere.
La Suprema corte, in ragione di tali rilievi, ha giudicato che andasse dichiarata l’estinzione del giudizio per cessata materia del contendere, precisando, alla luce del principio sopra richiamato, che le spese del giudizio restavano a carico di chi le aveva anticipate (che, come nella specie, è quasi sempre il contribuente).
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