Deducibilità ai fini Irpef dei costi delle operazioni soggettivamente inesistenti

Pubblicato il 14 agosto 2018

Sono deducibili i costi delle operazioni soggettivamente inesistenti in quanto sostenuti, anche se l’acquirente è consapevole del carattere fraudolento delle operazioni.

In questo modo si è espressa la Corte di cassazione nell’ordinanza n. 19626 del 24 luglio 2018, sottolineando che, nel caso di operazioni soggettivamente inesistenti, i beni acquistati, salvo il caso in cui il costo sia consistito nel “compenso” versato all'emittente il falso documento, non vengono utilizzati direttamente per commettere l’illecito bensì per essere commercializzati, salvo prova contraria.

Secondo le disposizioni in vigore, per asserire l’indeducibilità di tali costi, ai fini delle imposte sui redditi, non è più sufficiente il coinvolgimento, anche consapevole, dell'acquirente in operazioni fatturate da soggetto diverso dall'effettivo venditore.

Si osserva, inoltre, come il presupposto della non deducibilità dei costi è quello che si sia in presenza di beni e servizi direttamente utilizzati per il compimento di atti o attività qualificabili come delitto non colposo, per il quale il pubblico ministero abbia esercitato l'azione penale.

Tale accertamento, nei fatti di causa, non sussiste e quindi non si può parlare di indeducibilità dei costi.

In conclusione, deve affermarsi che ai sensi dell’art. 14, comma 4 bis, L. 537/1993 (come modificato dal Dl n. 16/2012), è possibile dedurre, ai fini delle imposte sui redditi, i costi delle operazioni soggettivamente inesistenti per il solo fatto che sono stati sostenuti, anche se l’acquirente era a conoscenza del carattere fraudolento delle operazioni. Si specifica che tale principio non opera quando si tratta di costi in contrasto con i principi di effettività, inerenza competenza, certezza, determinatezza o determinabilità.

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