Se l’imputato, mentre è in carcere preventivo, viene raggiunto da una condanna detentiva per altro reato, i termini di custodia cautelare non si sospendono. In particolare, se il periodo già trascorso in detenzione per effetto della custodia cautelare è superiore o uguale a quello previsto per la seconda condanna, l’imputato può essere scarcerato.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, sesta sezione penale, accogliendo il ricorso di un imputato avverso l’ordinanza con cui il Tribunale aveva escluso la scadenza del termine massimo di custodia cautelare, senza tener conto del periodo di tempo in cui il ricorrente era stato già detenuto in esecuzione di una pena preesistente.
In particolare, ha precisato il Supremo Collegio, la custodia cautelare in carcere è pienamente compatibile con la carcerazione per espiazione di una pena detentiva; esse sono dunque eseguibili contemporaneamente.
Ne deriva – conclude la Corte con sentenza n. 18512 del 4 maggio 2016 – che, agli effetti del computo dei termini di durata massima (quindi anche di quelli ex art. 300 comma 4 c.p.p.), l’instaurarsi della seconda, non sospende il decorso di durata della prima. Sicché la custodia cautelare in carcere perde efficacia quando è pronunciata sentenza di condanna, ancorché sottoposta ad impugnazione, se la durata della custodia già eseguita non è inferiore all'entità della pena irrogata.
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